IMBROGLIO
Si racconta che
in un paesino c’erano certi invalidi, per finta, che avevano occupato un campo
frequentato da tanta gente.
Gli avevano dato
perfino un nome: “Gambemozze”. Avevano poi scavato tante buche per infilarci
dentro le gambe e far credere ai passanti che erano mutilati. Rimanevano immobili
così, dall’alba al tramonto, gridando “pietà”.
Accompagnavano l’implorazione con storie strappalacrime, racconti disgraziati
che facevano pena più per le invenzioni che per il contenuto. E la gente,
ingenua, si fermava, ascoltava e, commossa, confortava, lasciando qualche soldo
nei cappelli dei falsi mendicanti. Povera gente che non sapeva d’essere vittima
di imbrogli e raggiri !
Quel campo,
però, era anche dominio di corvi e cornacchie che alloggiavano su un vecchio
albero, posto nel mezzo. E chissà perché non avevano simpatia per quei
cialtroni: loro si sentivano onesti, a confronto.
Un giorno
disturbarono una guardia con schiamazzi, per trascinarla in quel posto.
- Ora
vi sparo, se non smettete ! - diceva
l’uomo infastidito e li inseguì all’
abitazione.
Successe il
panico. Stupidamente uno dei furfanti, impaurito, fischiò per dar segnale ai
compagni. In un battibaleno, questi scattarono come molle dai loro buchi e
scapparono. Correvano, e correvano così tanto che parevano razzi, con le gambe
risuscitate.
Dove inizia la verità e dove finisce la menzogna?
C’è da credere che diventa, forse, un lavoro imbrogliar la gente? Per certuni,
sì.
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