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lunedì 18 maggio 2015

Avarizia



AVARIZIA

       Un mozzicone di candela illuminava il buio cupo di una stanza, ospite di un tavolino tarlato dove l’avaro contava le sue monete. Aveva la vista bassa, gli occhi fissi, lo sguardo perso.


Era in preda all’angoscia: ogni giorno spariva un centesimo e non si dava pace. Si augurava solo di riuscire a scoprire il ladro e, intanto, gli gridava:

- Esci allo scoperto, che ti faccio allo spiedo !

Niente. Il suo capitale diminuiva, come pure la sua felicità, mentre cresceva l’avarizia e l’ingordigia. L’assenza di quelle preziose monetine lo distruggeva. Le cercava, le chiamava, piagnucolando:

- Dove siete ? Rispondetemi! Perché vi nascondete a me che vi amo tanto ?

C’era anche un merlo indiano, allo stato libero, in quella stanza che osservava divertito il suo padrone. Appariva denutrito, perché il suo cibo era scarso e scadente, e la fame era tanta. Anche i suoi fischi diventavano sempre più rauchi e andavano spegnendosi. Faceva veramente pena.

Dopo alcuni giorni, l’uomo morì di dolore. Il suo cuore non aveva retto al colpo, eppure quei pochi centesimi non significavano nulla rispetto all’enorme somma di denaro accumulata durante gli anni.

Qualcuno notò che, sul suo letto di morte, erano riapparse le monetine. Il merlo fu visto andare e venire dalla gabbia dove aveva nascosto il denaro sottratto all’avaro, credendolo commestibile. La fame l’aveva reso demente.

Adesso diceva al suo padrone morto, con un fil di voce:

- Io, ora, restituire a te tutte monetine tue, così tu, sempre trovare pace e essere felice.



Non  accumulare tesori che un giorno dovrai abbandonare. Dice un proverbio tedesco: « Quando l’avaro muore, il suo denaro respira ».
                                                Inco

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