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sabato 30 maggio 2015

Grani di sale - Distrazione





DISTRAZIONE

Era un uomo colto, patito per la lettura e fissato, ma tanto fissato, da estraniarsi da tutto e tutti. 


Un giorno comprò un cartoccio di acciughe insieme ad un grosso libro. Ripose il cartoccio sul tavolino da studio. Avrebbe pensato dopo a preparare un bel pranzetto e intanto si tuffò con tutto se stesso in quel testo agognato. Camminava in tondo, fermandosi ogni tanto per apostrofare un pensiero, mentre quelle povere alici stavano ad aspettare il loro turno e il tempo passava. Sembravano vive e curiose, con quei loro occhi aperti, che guardavano fissi in un punto.

Cercavano di attirare l’attenzione del lettore:

-       Ehi, buon uomo, ci vedi ? Che intenzione hai?

Che ne sarà di noi ? Dove e come finiremo ?

       Nessuna risposta.

Eppure, eccone una abbastanza originale. L’uomo, distrattamente, usò quelle acciughe come segnalibro.

Si udivano lamenti infelici:

-        Che brutta fine ! Ma guarda cosa ci è toccato:

schiacciate tra questi fogli di carta ! Sognavamo una conclusione gloriosa: una squisita frittura, in abbondante olio profumato, così, giusto per onorare la tavola ed essere gustate da invitati illustri che avrebbero esaltato il nostro sapore. Noi, pesce di prima scelta e qualità ! Invece non c’è peggior disgrazia che l’essere capitate nelle mani insensibili di questo deconcentrato.

E questi, al termine della lettura, cercò il suo cartoccio. Il pesce non c’era più e non si accorse nemmeno della sua fine.



Quanti brutti scherzi gioca all’uomo la distrazione !

                                                         Inco

venerdì 29 maggio 2015

L'angolo dello scultore: Nudo di donna





Nudo di donna

Un amico ebbe l’idea di regalarmi dei bei parallelepipedi di marmo grigio di LUNI, due “Gemelli”. Misure ben contenute di 30x40x15 cm. Il primo pensiero fu quello di una forma tutta compressa dentro quel marmo; una forma femminile, curva, raccolta.

Durante la fase di sgrosso del primo blocco, prese forma una donna senza veli. Il volto coperto da una folta e lunga chioma di capelli che scende fluente fino a terra.

Nella successiva fase di finitura, per evitare sorprese spiacevoli, lavorando su dimensioni ridotte e delicate, evito l’uso del martello e scalpello e procedo con uno scalpello di piccole dimensioni che rimuove materiale sotto la pressione delle mie braccia e delle mani.

Sempre che le dimensioni e il peso lo permettano, lavoro tenendolo appoggiato sulle mie ginocchia. In questo modo il lavoro procede lentamente, per un tempo lungo, ma non privo di soddisfazioni.



Tornando al lavoro, arrivato alla fase di levigatura, con mia sorpresa, il marmo assumeva un colore grigio azzurro, lucidandolo poi accentuava ancora di più il tono scuro del colore.

Sotto le mani avevo la sensazione di toccare la carne, tanto quelle forme sembravano emanare calore.

Mi dovevo convincere che tutto si confondeva nello sforzo fisico che facevo e per un momento fermare la fantasia.



Per quanto riguarda il secondo blocco, il lavoro è stato diverso.

                                                            Giancarlo
 

lunedì 18 maggio 2015

Dalle viscere di Dio - Inno alla Vita dopo la vita



Dalle viscere di Dio
Inno alla Vita dopo la vita



La fede che mi hai donato è ancora un abbozzo. Un embrione, l’anima mia.

Ma si sta formando, vuole diventare Vita. Sta crescendo, vuole essere partorita.

Si nutre di te ogni giorno. Ogni giorno la alimenti.

Arriverà il momento, e non mi sentirò mai pronto, di lasciare questo sacco. Lo so.

Avrò paura. Mi sembrerà la fine.


 Tu, invece, mi darai alla Luce. Ancora una volta.

Ero nei tuoi disegni, nei tuoi progetti, dai tempi dei tempi... Solo per amore!

Quanto mi hai desiderato!

Poi, finalmente, qualcosa ha attecchito, in quest'utero di terra, il mio essere si è impiantato.

E' il mio piccolo mondo. Piccolo, e a me sembra tutto.

Tessuti che posso toccare. Non vedo e non sento, al di là di un cordone fatto di sensazioni,

elementi conosciuti, sicurezze avvolgenti.

Ma di tanto in tanto mi pare di sentire la tua voce, come di mamma amorevole.

Così so che ci sei, che mi porti con te. Orgogliosamente.

Nonostante io sia così imperfetto... Incompleto...

Sono talmente radicato che non riesco a immaginare un’altra vita oltre questa!

Avarizia



AVARIZIA

       Un mozzicone di candela illuminava il buio cupo di una stanza, ospite di un tavolino tarlato dove l’avaro contava le sue monete. Aveva la vista bassa, gli occhi fissi, lo sguardo perso.


Era in preda all’angoscia: ogni giorno spariva un centesimo e non si dava pace. Si augurava solo di riuscire a scoprire il ladro e, intanto, gli gridava:

- Esci allo scoperto, che ti faccio allo spiedo !

Niente. Il suo capitale diminuiva, come pure la sua felicità, mentre cresceva l’avarizia e l’ingordigia. L’assenza di quelle preziose monetine lo distruggeva. Le cercava, le chiamava, piagnucolando:

- Dove siete ? Rispondetemi! Perché vi nascondete a me che vi amo tanto ?

C’era anche un merlo indiano, allo stato libero, in quella stanza che osservava divertito il suo padrone. Appariva denutrito, perché il suo cibo era scarso e scadente, e la fame era tanta. Anche i suoi fischi diventavano sempre più rauchi e andavano spegnendosi. Faceva veramente pena.

Dopo alcuni giorni, l’uomo morì di dolore. Il suo cuore non aveva retto al colpo, eppure quei pochi centesimi non significavano nulla rispetto all’enorme somma di denaro accumulata durante gli anni.

Qualcuno notò che, sul suo letto di morte, erano riapparse le monetine. Il merlo fu visto andare e venire dalla gabbia dove aveva nascosto il denaro sottratto all’avaro, credendolo commestibile. La fame l’aveva reso demente.

Adesso diceva al suo padrone morto, con un fil di voce:

- Io, ora, restituire a te tutte monetine tue, così tu, sempre trovare pace e essere felice.



Non  accumulare tesori che un giorno dovrai abbandonare. Dice un proverbio tedesco: « Quando l’avaro muore, il suo denaro respira ».
                                                Inco