POVERTA’
… « assumo
la tua forma »
La
povertà prepara un’attesa: attesa di luce nel tuo buio. Per questo esige uno
svuotamento interiore continuo.
Allora,
vuota, ogni sera, la tua anfora che è l’immagine del tuo cuore e riempila, agli
albori del nuovo giorno, di cose piccole e semplici: cose nuove.
Avverrà
così l’incontro stupendo della tua umanità con l’immensità, del tuo essere
niente con la pienezza dei doni del cielo.
Si
faceva la fila, non appena nasceva l’alba, per riempire il proprio contenitore
alla fonte del villaggio, immerso nel verde.
Quanti
recipienti vuoti stavano in attesa di ricevere l’acqua fresca per dissetare ed
acquietare l’arsura degli uomini nelle giornate calde d’estate !
Portavo
anch’io la mia piccola anfora vuota, inseguendo i miei passi sulla strada
polverosa. Non mi sentivo sola perché in compagnia di quell’orcio, che mi
metteva fretta e misurava la distanza che mi separava dalla meta.
Giunto
alla fontana, era felice di essere tuffato dentro, per riempirsi di quel
liquido prezioso e ne usciva canterellando. Io ascoltavo il mormorio
dell’acqua, che sgocciolava, e l’armonia dell’anfora ricolma. Immaginavo l’incontro mirabile della terra con la
sorgente, come quello del mio essere con l’infinito. Ogni giorno mi piaceva
ascoltare lo stesso racconto, pur sempre ricco di novità e di freschezza,
dell’acqua nata da una polla. Così si esprimeva, rivolgendosi al vaso:
«
Io provengo da una sorgente nascosta sotto un masso, posto su un’altura e,
zampillando e balzando per il pendio, sono giunta a valle, in questa fonte dove
tu, piccola anfora di creta, ti lasci riempire da me per appagare la sete della
gente.
Tu
sei il mio tramite, il passaggio umile, povero e silenzioso che mi conduce agli
altri. Così tu ed io diventiamo dono celeste. Io sono contenuta nella tua
fragilità, assumo la tua forma, le tue sembianze, mi modello in te, mi assoggetto
al tuo essere argilla. Diventano mie le tue gioie e i tuoi dolori, le tue
speranze insperate e le sorprese inaspettate, le tue fragilità interiori e i
tanti sospirati desideri di bene, di pace e di amore. E creo, nei tuoi spazi
oscuri, quella luce benefica che ti permetterà di raggiungere le cose vere che
vivi nella tua storia di ogni istante, tessuto con il filo d’oro della povertà
».
Essere povero non è cancellare la propria vita,
a volte tinta dal dolore o offuscata dal male, ma vederla con occhi diversi,
con la purezza dell’acqua attraversata dalla luce.
Inco
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