In uno degli
antichissimi racconti della storia dell’umanità ricordo l’episodio di un
progetto che fu quello di costruire una torre altissima, che raggiungesse il
cielo per svuotarlo di ogni divinità. Veniva descritta la nostra razza umana come
un gruppo, molto vasto, di uomini che avevano lo stesso linguaggio. Questo li
portò a maturare un progetto che risultò, nello svolgimento, nefasto perché il
loro intento di raggiungere il cielo, si trasformò in una generale confusione
di lingue, per cui non solo quel disegno andò fallito, ma comportò anche la
separazione degli uomini che non si capirono più, creandosi nuovi modi di
parlare e tanta incomprensione.
Fui colpito da
questo racconto che aveva il nome di Torre
di Babele, in cui nacque la disarmonia universale delle lingue: ricchezza
per il gruppo, ma allontanamento degli individui che persero la loro forma di
comprensione. Mi chiesi se quella varietà di lingue fosse stata la vera ragione
di tanta disarmonia. Ho capito che a questa fantasia storica soggiaceva una
ragione ben più profonda e nascosta: quegli uomini cambiarono linguaggio perché
la loro lingua perse il suo valore di comprensione per diventare strumento di aggressione. La
comprensione invece può essere definita:
la forza che è originata dalla comunione.
L’umanità portava, dentro di sé, la separazione, e anche se il progetto era
unitario, le volontà di realizzarlo nei modi, tempi e forme, erano avverse.
Comprendere non
si identifica a capire, ma è accogliere, aprire dentro di sé il varco che rende
presente e vivo l’altro. Non si comprenderà mai nessuno se non si è disposti a
perdere una costola, come viene descritto in antichi oracoli, che spiegano la
creazione del prossimo – donna, come
prodotto elaborato di una costola, sottratta all’uomo.
Nessuno di noi è
disposto alla rinuncia di essere privato di un qualcosa che ci costituisce.
Così nascono i vari linguaggi, razze, ragionamenti, religioni, società, come un
lento processo di allontanamento degli uomini che amano non fondersi, ma
separarsi, non accomunarsi ma distinguersi. E se per caso accade qualche
fusione, una parte deve primeggiare sull’altra oppure nascono dei vincoli di
dipendenza o proprietà, come sono quelli di uomini partoriti da altri e che
chiamiamo figli. Eppure tutto ci invita a comprenderci, a unirci, a fonderci in
una comunione dalla quale possono nascere progetti condivisi. Ma questo non
accade perché è sparita dall’uomo quella forza che unisce, e di conseguenza sta
lentamente sparendo la comprensione tra gli esseri umani.
La comprensione
non può neanche confondersi o identificarsi alla pura condivisione, che
comporta sempre un dividere. È pur vero che questo ci avvicina alla
comprensione, ma essa è molto di più che una condivisione: è partecipazione che
porta alla comunione. Condividere qualsiasi cosa è farne uso comune, ma non è
mai appartenenza, appropriazione perché si rimane sempre, nella migliore delle
situazioni, all’uso comune di un bene, che però resta estraneo a chi lo
utilizza.
La vera
comprensione è fusione, identificazione, che va oltre ogni naturale
appartenenza. Comprenderemo il nostro prossimo solo quando diventiamo una sola cosa, e questo ci porta a vivere
un’unità superiore in cui si è veramente trasfigurati nell’altro, senza però
perdere la propria identità. Come ciò possa
essere possibile è solo faccenda di esperienza personale, in cui interviene un
elemento di fondamentale importanza, molto legato all’empatia: è l’amore, non
in quanto puro sentimento, ma come forza di identificazione, mediante la quale
ci si apre all’altro in una comunione di vita. Comprendere, quindi, non è solo
un fatto di conoscenza pura e semplice, ma è un convivere la stessa realtà in
una identità di esperienza. Sono tante, in tal senso, le conoscenze interpersonali,
ma pochissime le «comprensioni» interpersonali. Sta sparendo l’amore vero che è
coinvolgimento mentre ci stiamo incamminando, sempre di più, sulla strada della
pura conoscenza, che rende gli uomini distanti, anche se apparentemente
consapevoli di aspetti dell’altro.
Forse il suggerimento
più significativo ci viene da questa bambina che sembra non voler vedere le
brutture della vita. Nel buio di tante situazioni non dimentichiamo mai che
viviamo immersi in un mare nel quale rischiamo di essere semplici ombre.
Lorenzo