VIOLETTA
« La mia virtù –
simbolo
è l’umiltà »
L’inverno si
stava accomiatando dai suoi amici.
Sentivo
il fischiare dei merli e scorgevo gli alberi già carichi di gemme che lo
salutavano. Tutta la natura, grata, gli
diceva « Addio ! », e lui, tristemente,
si dirigeva verso la stazione di partenza. Quell’omino, ancora imbiancato di
neve, ha ceduto il posto alla giovane primavera, inghirlanda di fiori profumati.
In
un bel clima temperato fresco, al primo apparire del sole, ecco che si
schiudevano le gemme.
Sentivo
bisbigliare, tra le foglioline di una macchia verde, dei fiorellini leggiadri
che emanavano un delizioso profumo. Erano le delicate viole, timidamente
nascoste. Mi avvicinai, le cercai, le chiamai e una di esse mi si presentò:
«
Sono una viola, chiamata anche mammola e la mia virtù-simbolo è l’umiltà
».
All’improvviso
mi venne un’idea. C’era una cara persona inferma che, ogni giorno, andavo a
trovare all’ ospedale. In quel luogo triste si perde la cognizione del tempo,
delle ore, dei giorni, delle stagioni. Desideravo tanto portare al mio amico un
annuncio di gioia, un tocco primaverile, un’aria speranzosa, per cui non ho
esitato a manifestare al piccolo, umile fiore, il mio pensiero.
Mi
ascoltò, prima addolorato e, poi, mosso a compassione, mi disse subito:
«
Coglimi e portami con te ! Voglio essere, per questo nostro comune amico,
l’inizio di una nuova primavera».
Io risposi: « Ma dovrò strapparti dalla tua
pianta, e tu non vivrai per molto tempo in quel posto di solitudine e di sofferenza ».
Riprese:
« Il mio sole sarà il suo male, ed io sarò il suo respiro profumato e diventerò
speranza nel suo cuore».
Colsi
allora quella tenera violetta, adornandola con qualche fogliolina. Poi andammo
insieme all’ospedale e il piccolo fiore si offerse a quel povero uomo
sofferente che lo guardò e respirò, con un sorriso, il suo profumo.
Nel
cuore di quel malato si riaccese un sogno, che si era assopito: il desiderio di
guarire non per se stesso, ma per gli altri.
E accadde che da quel giorno incominciò ad
attendere la sua primavera, giunta sì, con molto ritardo, ma grazie a quel
fiore e al suo dono umile, miracolosamente arrivò, mentre per quella
mammoletta, la sua vita, al termine del giorno, si spense in un dolce riposo.
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