DEDIZIONE
… GLI ALTRI CI ATTENDONO
La
nostra vita è un intervallo di tempo scandito da ore, minuti, secondi; da mesi
ed anni che passano fugaci, senza ritorno. Come usiamo questo nostro tempo? Sappiamo
farne tesoro o lo sciupiamo inutilmente, vivendolo
solo per noi stessi?
Leggiamo,
insieme, questa poesia di Trilussa:
« Accidia
In
un giardino, un vagabonno dorme
accucciato
per terra, arinnicchiato (=
rannicchiato),
che
manco se distingueno le forme.
Passa
una guardia: - Alò ! – dice – Cammina! –
Quello
se smucchia (= si tira su e
si ricompone)
e j’arisponne: - Bravo!
Me
sveji proprio a tempo! M’insognavo
che
stavo a lavorà ne l’officina !».
Chissà,
quante volte, nei momenti di tristezza e di malinconia, in seguito a fallimenti
e delusioni, siamo stati anche noi un po’ vagabondi. È quel sentire il mondo
estraneo, nemico, il desiderio di staccare con tutto e con tutti, che ti porta,
pian piano, a un sorta di pigrizia interiore, di abbandono della propria
esistenza, di smarrimento nella propria inerzia.
Per
questo ho scelto un titolo che si contrappone alla pigrizia: dedizione.
Mi
viene subito in mente l’immagine del contadino che si dedica alla sua terra.
Parla con essa, le comunica le sue preoccupazioni e le ansie, le sue proposte e
le disfatte, le sue aspirazioni e le pene, le sue gioie ed amarezze, le sue
attese …
La
terra ascolta in silenzio e serba in sé ogni cosa. C’è come una bellissima
intesa tra i due.
Ed
ecco … esce un mattino il seminatore a seminare. Ogni piccolo seme corre a
cercare il suo posto nei solchi profondi per nascondersi. La terra è pronta ad
accoglierli. È già stata preparata per questo evento così importante. Ma, cosa
accadrà nel tempo che segue la semina ? Il contadino si rivolge così alla sua
terra:
«
Ti prego, custodisci ora la mia semenza, perché essa ci darà pane e io avrò
cura di te, donandoti acqua e concime, ti difenderò dai parassiti profittatori
perché non attacchino i teneri germogli. Non riuscirò, però, a difenderti dalla
tempesta e dalla tormenta e dal sole cocente, né dal freddo e dal gelo. Ma ti
sarò vicino, sempre, anche quando i guizzi dei fulmini ti attraverseranno
generandoti paura. Ti guarderò e il mio occhio vigile ti darà conforto nel tuo
buio e nella tua notte ».
Gli
risponde così la terra:
«
Mi proteggerai anche quando perderò i tuoi semi, perché beccati dagli uccelli o
le delicate gemme, perché uccise dal
gelo, e le spighe quando, sferzate dalla grandine, perderanno il loro frutto ?
Tanti chicchi maturi cadranno, lasciando steli solitari ed io gemerò, triste e
sola. Io, terra, che non ha saputo custodire i piccoli semi che mi hai affidato
… ».
L’uomo
provò tenerezza nel suo cuore. Affermò, con la voce rotta dalla commozione:
«
Sì, anche allora, continuerò a dedicarmi a te. Tu non sei responsabile dai mali
che ti avversano: la distruzione, la morte, la violenza fanno parte della vita.
Ti sarò vicino, affidandoti altri semi e attenderò, con pazienza, clemenza e
benedizione dal cielo. Verrà anche il tempo della gioia: le spighe mature, la
stagione calda per la mietitura, il grano vagliato, poi macinato e reso farina
per diventare pane fresco per gli uomini. E saremo felici tu ed io, continuando
a sognare altri covoni e altre spighe piene di infiniti semi. Continueremo a
vivere altre disavventure, a patire, ma poi esultare nuovamente insieme ».
Così come il contadino ha cura della sua terra,
impegnando la sua vita per essa, abbiamo attenzione anche noi per il nostro
prossimo, diventando sentinelle instancabili dei loro giorni, siano essi di
buio o di luce. Crediamo nelle sue fragili promesse di bene.
Inco
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