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sabato 21 giugno 2014

Dedizione

 
 
 
 
DEDIZIONE
GLI ALTRI CI ATTENDONO
 
La nostra vita è un intervallo di tempo scandito da ore, minuti, secondi; da mesi ed anni che passano fugaci, senza ritorno. Come usiamo questo nostro tempo? Sappiamo farne tesoro o lo sciupiamo inutilmente, vivendolo solo per noi stessi?
Leggiamo, insieme, questa poesia di Trilussa:
 
« Accidia
In un giardino, un vagabonno dorme
accucciato per terra, arinnicchiato (= rannicchiato),
che manco se distingueno le forme.
Passa una guardia: - Alò ! – dice – Cammina! –
Quello se smucchia (= si tira su e si ricompone)
e j’arisponne: - Bravo!
Me sveji proprio a tempo! M’insognavo
che stavo a lavorà ne l’officina !».
 
Chissà, quante volte, nei momenti di tristezza e di malinconia, in seguito a fallimenti e delusioni, siamo stati anche noi un po’ vagabondi. È quel sentire il mondo estraneo, nemico, il desiderio di staccare con tutto e con tutti, che ti porta, pian piano, a un sorta di pigrizia interiore, di abbandono della propria esistenza, di smarrimento nella propria inerzia.
Per questo ho scelto un titolo che si contrappone alla pigrizia: dedizione.
 
Mi viene subito in mente l’immagine del contadino che si dedica alla sua terra. Parla con essa, le comunica le sue preoccupazioni e le ansie, le sue proposte e le disfatte, le sue aspirazioni e le pene, le sue gioie ed amarezze, le sue attese …
La terra ascolta in silenzio e serba in sé ogni cosa. C’è come una bellissima intesa tra i due.
Ed ecco … esce un mattino il seminatore a seminare. Ogni piccolo seme corre a cercare il suo posto nei solchi profondi per nascondersi. La terra è pronta ad accoglierli. È già stata preparata per questo evento così importante. Ma, cosa accadrà nel tempo che segue la semina ? Il contadino si rivolge così alla sua terra:
« Ti prego, custodisci ora la mia semenza, perché essa ci darà pane e io avrò cura di te, donandoti acqua e concime, ti difenderò dai parassiti profittatori perché non attacchino i teneri germogli. Non riuscirò, però, a difenderti dalla tempesta e dalla tormenta e dal sole cocente, né dal freddo e dal gelo. Ma ti sarò vicino, sempre, anche quando i guizzi dei fulmini ti attraverseranno generandoti paura. Ti guarderò e il mio occhio vigile ti darà conforto nel tuo buio e nella tua notte ».
Gli risponde così la terra:
« Mi proteggerai anche quando perderò i tuoi semi, perché beccati dagli uccelli o le delicate gemme, perché  uccise dal gelo, e le spighe quando, sferzate dalla grandine, perderanno il loro frutto ? Tanti chicchi maturi cadranno, lasciando steli solitari ed io gemerò, triste e sola. Io, terra, che non ha saputo custodire i piccoli semi che mi hai affidato … ».
L’uomo provò tenerezza nel suo cuore. Affermò, con la voce rotta dalla commozione:
« Sì, anche allora, continuerò a dedicarmi a te. Tu non sei responsabile dai mali che ti avversano: la distruzione, la morte, la violenza fanno parte della vita. Ti sarò vicino, affidandoti altri semi e attenderò, con pazienza, clemenza e benedizione dal cielo. Verrà anche il tempo della gioia: le spighe mature, la stagione calda per la mietitura, il grano vagliato, poi macinato e reso farina per diventare pane fresco per gli uomini. E saremo felici tu ed io, continuando a sognare altri covoni e altre spighe piene di infiniti semi. Continueremo a vivere altre disavventure, a patire, ma poi esultare nuovamente insieme ».
 
Così come il contadino ha cura della sua terra, impegnando la sua vita per essa, abbiamo attenzione anche noi per il nostro prossimo, diventando sentinelle instancabili dei loro giorni, siano essi di buio o di luce. Crediamo nelle sue fragili promesse di bene.
 
 
                                                                                                   Inco

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