MALVA
… è il
simbolo del perdono
È accaduto,
questa mattina, in uno studio medico, che un antibiotico aggredì duramente un
povero fiore di malva.
« Ma chi ti
credi di essere ? Sei solo un’erbaccia campestre che cresce allo stato
selvatico ! Eppure tutti ti cercano, fanno il tuo nome, ti qualificano nel
campo di varie patologie: infezioni, gonfiori, dolori intestinali ed altro. Sei
anche una pianta rinfrescante, dicono taluni, per non dire tanta gente. Per me non vali niente.
Guarda me,
invece, mi hanno perfino incapsulato per proteggere la mia medicina favolosa,
molto pregiata. Sono l’antibiotico e risolvo tutti i problemi. Mi hanno
preparato in uno dei più noti laboratori di cui non ti faccio il nome e sono
rinomato per la mia grande capacità di curare i mali che, indegnamente, tu
pretendi di curare. Sono stimato dai più noti scienziati dell’intero pianeta e
scelto da tanti dottori. Come godo quando leggo il mio nome scritto sulle loro
ricette! Non vedi ? Mi si deve comprare a caro prezzo perché valgo. Come puoi
osare sostituirti a me e disonorarmi? Datti una calmata e ritirati in
solitudine! Aria, ci sono io! ».
Il piccolo fiore
di malva non proferì parola per difendersi. Provò amarezza per l’offesa
ingiusta, senza alcun risentimento. Nel suo cuore tutto si volgeva in bene
verso il suo nemico, ed ebbe pensieri di perdono. La malva è, infatti, il
simbolo del perdono. Osa dire
soltanto:
« Pitagora, il
famoso filosofo e matematico dell’antica Grecia, riferendosi alle enormi virtù
della mia pianta, scrisse: - Semina la malva, ma non mangiarla; essa è un bene
così grande da doversi riservare al nostro prossimo, piuttosto che farne uso
con egoismo per il nostro vantaggio - .
Vedi, io non
cerco onori per me, non vanto nulla, come fai tu. Eppure ho tante proprietà,
anche se disprezzate da te. Cerco solo, modestamente, di rendermi utile agli
altri. È l’amore per il mio prossimo che conta e che ora mescolo al mi perdono
per te. Voglio essere, per chi mi avversa, l’immagine del perdono ».
L’antibiotico masticava
amaro e continuò a borbottare sottovoce parole incomprensibili. Era troppo
orgoglioso per dar delle scuse alla sua rivale: ad alta voce… mai! Magari, poi,
in sordina, certamente sì, ma senza allargarsi troppo.