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venerdì 30 maggio 2014

Volare



Non basta l'aria diafana o il vento frizzante per spiccare il volo...


 
 
 
 
 
E' importante che le mie parole siano supportate dalla visione attenta di queste immagini meravigliose, che riproducono la fatica di creature librate nel cielo. Le considero come attestati esemplari che mi insegnano a valutare il volo come un insegnamento di vita.
Diciamo subito che non basta l'aria diafana o il vento frizzante per spiccare il volo. C'è bisogno di ali possenti e una legge stampata nell'intimo che ti proietta in alto, mentre le tue zampe si raggruppano, dietro, quasi inutili, anche se come una chiglia si adagiano sulle alture, quale misterioso naviglio che ha l’aria come mare.
Non posso negare il desi­derio di volare l'ho raccolto nella mente, nella memo­ria e nella volontà, mentre mi sentivo trasformato, dentro, da una diversa forma di conoscenza. Non si trattava di immagini ricavate dai sogni: io mi libravo veramente nell'aria con forme diverse, che mi ac­compagnavano con altrettanti attestati di vita nuova.
Il mio pensiero alato non era una finzione: ero real­mente proiettato in quella dimensione dove il volare è un percorrere le vie del mio cielo. Quali ? Sentirmi trasparente, e non condizionato dai bisogni concreti di immediatezza in cui si realizza la mia vita.
 
Era una strana chiarezza in cui la mia persona non aveva dei contorni precisi. Infatti, la gravità non mi legava più alla terra e mi percepivo non subordinato ad un pro­gramma, che impostava, senza appello, la mia rotta, obbligatoria. Ero in volo, con la mia mente, senza l'oppressione di una storia in cui gli itinerari sono tracciati sul terreno. Volavo come quelle creature che solcano l'aria e sembrano intente a non fermarsi al primo sentore di stanchezza.
Gli uomini non sentono, se non in modo fiabesco, il desiderio di volare, perché le loro ali non sono previste dalla natura. Ma quanta inerzia c'è in tanti che vogliono ridurre la propria esistenza a opera­zioni di quotidiana ordinarietà, con gesti ripetitivi, senza alcuna libertà di scelta.
 
Sono presi dall'immediato, mortifi­cante e carico di catene, che strutturano la vita umana in un insieme di gesti ripetitivi. Legati alla terra e in­capaci di sollevarsi sulle cose del mondo si trascinano in una programmazione ammorbante.
Sentono questo pensiero come la futile arte di va­gheggiare senza essere parte attiva della storia. Con­dannati a fantasticare su cose di nessuna importanza, che sollecitano l'immaginazione, per creare mondi privi di valori.
 
Eppure, davanti alla contem­plazione di questi pennuti, che percorrono distanze straordinarie di migliaia di chilometri, o che volano oltre le cime delle montagne più alte della terra, e viaggiano con un ininterrotto battito di ali, mi chiede­vo se noi, esseri umani, definiti superiori, non stiamo ancorandoci, sempre di più, alla terra che diventerà, un giorno, il luogo della nostra definitiva cessazione. Riflettevo, guardando con ammirazione, quei volatili ardimentosi, se la nostra dichiarata superiorità, non fini­sca per saziarsi di vuoto, di insolvenza, camminando pesantemente su questa terra e dimenticando di avere, in dotazione, meravigliose ali interiori. Esse sono una ineffabile risorsa che ci permet­tono di levarci in alto e guardare la storia da una pro­spettiva più elevata. Cambiamo le conoscenze, che non sono più quelle di scrutare l'orizzonte, con una visione bassa, stretta e riduttiva.
Mi chiedevo se non avevamo anche noi la possibi­lità di varcare il nostro inevitabile collegamento con la terra per sentirci, realmente e senza illusioni, in un mondo più ampio. Ho pensato anche all'altra capacità di ripercorrere il tempo in lungo e in largo, con quella risorsa meravigliosa che chiamiamo memoria. Essa ci permette di raggiungere gli estremi confini del tempo, senza la­sciarci imprigionare dall'asfissiante presente. non sempre vissuto come possibilità di vita, ma spesso ci vuole distanti dalla sorgente da cui proveniamo, oppure può anche diventare attesa di un futu­ro, talvolta concepito come una foce, in cui si dissolve il nostro trascorso vitale.
Volare non è privilegio dei pennuti, che si elevano per svernare in zone distanti dalla propria nascita, ma è indirizzo necessario verso lidi più accoglienti e caldi, per generare nuove vite. È anche la possibilità di ogni persona che trovi l'ardire di tra­smigrare in dimensioni vere, più elevate e capaci di dare, a ognuno di noi, il respiro delle altezze, la fre­scura dell'aria non inquinata dalle numerose grettezze della terra, per trovare una patria accogliente.
Volare, però, comporta un aleggiare continuo, 1' impegno di non accontentarsi della banalità, anche se essa appartiene alle cose che appaiono obbligatorie e necessarie al quotidiano sopravvivere.
Volare è andare oltre, è non ridursi a lambire la terra senza mai cono­scere il cielo.
Anche se l'uomo respira le altezze,  però quasi sempre si sente condannato a succhiare il nettare della terra per cui diventa, egli stesso, un tramonto e non un'aurora.
E allora, vola, amico mio, vola! Non è infatuazione, ma sollecitazione dello spirito.
 Abbiamo la vita come un attraversamento della terra, seminando in essa il nostro corpo mortale. Ma vi è una parte di noi stessi che non finisce qui, perché ci è stato messo dentro un anelito inarrestabile di andare oltre, ed è questo il nostro volare.
 

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