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mercoledì 7 maggio 2014

Dal conflitto alla pace

Con la fine della divisione mondiale creata dalla guerra fredda, attualmente ci stiamo confrontando con una realtà in cui nuovi conflitti e tensioni sembrano minacciare l'opera dell'essere umano. I veleni di lunga data vengono alimentati in regioni in cui la precedente realpolitik imponeva una scomoda tregua o una pace del tutto artificiale. Dunque, non sorprende affatto che le società si rivolgano alle tradizioni culturali ed alla saggezza religiosa per rafforzare la propria capacità di guardare al futuro con speranza.


Tuttavia, è ben noto, quanto queste possano subire manipolazioni per giustificare ogni tipo di violenza, generando un fondamentalismo che nega l'integrità e l'umanità a coloro che sono fuori da quel gruppo. E mentre risulta innegabile che i germi della guerra abbiano germogliato - e continuino a germogliare a causa dei simboli, dei testi ed ai leader religiosi - è proprio il richiamo “alla non violenza” il valore e l’obbligo principale di ogni religione. E come è possibile riscontrare la propensione all’odio di alcune di esse, altrettanto e con maggiore intensità altre alimentano la pace. In sintesi, il fondamentalismo religioso ha un ruolo cruciale nel fomentare i conflitti dei nostri giorni, ma nelle radici di ogni religione vi è la chiara possibilità di una scelta non violenta. Coesistono due verità paradossali: le religioni del mondo non incarnano in maniera coerente i principi della pace e della non violenza; le religioni del mondo hanno dato – e danno - significativi contributi agli ideali di pace e non violenza per lo sviluppo umano e la sacralità della vita. Quindi, in un'epoca in cui la terra vacilla sull'orlo dell'annientamento nucleare e dei conflitti interni come possiamo trasformare l'odio in compassione, il sospetto in fiducia e la divisione in unità?
 
MARA

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