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sabato 24 maggio 2014

Amicizia

 
 
 
 

AMICIZIA

il suo corpo si era

svuotato…

           

Amicizia: una parola che racchiude in sé un valore immenso. Essa parte da un punto per estendersi verso il mondo intero e raggiungere, poi, le rive eterne.

Rassomiglia a un sasso gettato nell’acqua di un lago che forma cerchi concentrici i quali, ampliandosi, man mano raggiungono la sponda.

Gli amici non si chiudono solo tra di loro ma si allargano agli altri, soprattutto a chi è nell’indigenza, a coloro che non riescono a scorgere la luce nei momenti bui della loro storia e non hanno la forza di continuare a vivere.




Ricordo quel bellissimo campo dorato e il vento che, con il suo soffio gagliardo, faceva ondeggiare le spighe mature.

E ricordo anche uno spaventapasseri simpatico, dall’aria felice, che sorrideva sempre. Aveva il corpo infagottato di paglia, con tanti piccoli semi. La testa era una palla di pezza, anch’essa imbottita come il corpo. Due bottoni neri , lucidi, erano i suoi occhi e una bocca disegnata, come a tracciare un sorriso.

Era sempre là, immobile: faceva la guardia giorno e notte per intimorire gli uccelli, e non farli avvicinare al grano. Ma a chi può far paura uno spaventapasseri ? A loro, certamente, no. Essi tranquillamente rubavano i semi e poi volavano intorno al fedele guardiano, con i chicchi nel becco in segno di sfida e di beffa.

« Dài, prendici ! » sembravano dirgli.

Il poveretto si lasciava umiliare e restava in silenzio. Anche il contadino, spesso, lo rimbrottava: «Sei un buon a nulla !». Questo lo rattristava molto, però continuava a sorridere. Solo i rossi papaveri, che crescevano tra gli steli di grano, lo consolavano.

Passarono i giorni e venne il tempo della mietitura. Le spighe furono raccolte in covoni; i fiori subirono la triste sorte di essere spazzati via e bruciati insieme alla sterpaglia. Il campo bruciacchiato si trasformò in una radura deserta e fumigante. Gli uccelli fuggirono via. Lo spaventapasseri restò, solo, al suo inutile posto di guardia.

Giunse presto l’inverno, con il suo carico di freddo e gelo. Cadde anche la neve, che imbiancò l’omino solitario del campo.

Un giorno, un piccolo canarino, tremante e triste, si posò sul suo braccio.

«Che ti succede, piccolino? » gli fu chiesto.

«Mi hanno abbandonato, perché sono debole e non ho forza nelle ali per volare» rispose con voce fievole l’uccellino.

Lo spaventapasseri s’impietosì e promise di aiutarlo. Spense dentro di sé ogni vecchio rancore contro i volatili. Da allora nacque una bellissima amicizia tra loro. Il canarino trovò rifugio nel cuore di paglia del suo amico. Si nutriva ogni giorno con i suoi semi e cresceva sano e forte. Non aveva più paura: si sentiva protetto e amato.

Il triste inverno si avviava al termine, cedendo il posto alla primavera.

Una mattina, l’uccellino salutò il suo benefattore e, provando il suo primo volo, partì per un posto lontano.

Quando ritornò, molto tempo dopo, per rivedere l’amico, questi non c’era più, ma notò che, sull’erba verde, vi era un mucchietto di stracci, circondato da semplici fiorellini bianchi di campo. Il suo corpo, ormai svuotato di tutti i semi, mangiati dall’uccellino, si era accasciato, esanime, sul terreno. Il suo volto, in cambio, non aveva perso il suo sorriso.

Il canarino si posò su quei resti preziosi e intonò il canto che aveva serbato gelosamente nel cuore, per chi lo aveva tanto amato. Era la sua prima melodia di amore e gratitudine per colui che gli aveva donato la vita. E questo lo rese felice.
 
     Solo chi si svuota completamente di se stesso, per donarsi all’altro, è capace di generare la Vita Nuova. Questo è il vero dono dell’amicizia.
 
Inco                                  
 

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