AMICIZIA
il
suo corpo si era
svuotato…
Amicizia:
una parola che racchiude in sé un valore immenso. Essa parte da un punto per
estendersi verso il mondo intero e raggiungere, poi, le rive eterne.
Rassomiglia
a un sasso gettato nell’acqua di un lago che forma cerchi concentrici i quali,
ampliandosi, man mano raggiungono la sponda.
Gli
amici non si chiudono solo tra di loro ma si allargano agli altri, soprattutto
a chi è nell’indigenza, a coloro che non riescono a scorgere la luce nei
momenti bui della loro storia e non hanno la forza di continuare a vivere.
Ricordo
quel bellissimo campo dorato e il vento che, con il suo soffio gagliardo,
faceva ondeggiare le spighe mature.
E
ricordo anche uno spaventapasseri simpatico, dall’aria felice, che sorrideva
sempre. Aveva il corpo infagottato di paglia, con tanti piccoli semi. La testa
era una palla di pezza, anch’essa imbottita come il corpo. Due bottoni neri ,
lucidi, erano i suoi occhi e una bocca disegnata, come a tracciare un sorriso.
Era
sempre là, immobile: faceva la guardia giorno e notte per intimorire gli
uccelli, e non farli avvicinare al grano. Ma a chi può far paura uno
spaventapasseri ? A loro, certamente, no. Essi tranquillamente rubavano i semi
e poi volavano intorno al fedele guardiano, con i chicchi nel becco in segno di
sfida e di beffa.
«
Dài, prendici ! » sembravano dirgli.
Il
poveretto si lasciava umiliare e restava in silenzio. Anche il contadino,
spesso, lo rimbrottava: «Sei un buon a nulla !». Questo lo rattristava molto,
però continuava a sorridere. Solo i rossi papaveri, che crescevano tra gli
steli di grano, lo consolavano.
Passarono
i giorni e venne il tempo della mietitura. Le spighe furono raccolte in covoni;
i fiori subirono la triste sorte di essere spazzati via e bruciati insieme alla
sterpaglia. Il campo bruciacchiato si trasformò in una radura deserta e
fumigante. Gli uccelli fuggirono via. Lo spaventapasseri restò, solo, al suo
inutile posto di guardia.
Giunse
presto l’inverno, con il suo carico di freddo e gelo. Cadde anche la neve, che
imbiancò l’omino solitario del campo.
Un
giorno, un piccolo canarino, tremante e triste, si posò sul suo braccio.
«Che
ti succede, piccolino? » gli fu chiesto.
«Mi
hanno abbandonato, perché sono debole e non ho forza nelle ali per volare»
rispose con voce fievole l’uccellino.
Lo
spaventapasseri s’impietosì e promise di aiutarlo. Spense dentro di sé ogni
vecchio rancore contro i volatili. Da allora nacque una bellissima amicizia tra
loro. Il canarino trovò rifugio nel cuore di paglia del suo amico. Si nutriva
ogni giorno con i suoi semi e cresceva sano e forte. Non aveva più paura: si
sentiva protetto e amato.
Il
triste inverno si avviava al termine, cedendo il posto alla primavera.
Una
mattina, l’uccellino salutò il suo benefattore e, provando il suo primo volo,
partì per un posto lontano.
Quando
ritornò, molto tempo dopo, per rivedere l’amico, questi non c’era più, ma notò che,
sull’erba verde, vi era un mucchietto di stracci, circondato da semplici
fiorellini bianchi di campo. Il suo corpo, ormai svuotato di tutti i semi,
mangiati dall’uccellino, si era accasciato, esanime, sul terreno. Il suo volto,
in cambio, non aveva perso il suo sorriso.
Il
canarino si posò su quei resti preziosi e intonò il canto che aveva serbato
gelosamente nel cuore, per chi lo aveva tanto amato. Era la sua prima melodia
di amore e gratitudine per colui che gli aveva donato la vita. E questo lo rese
felice.
Solo chi si svuota
completamente di se stesso, per donarsi all’altro, è capace di generare la Vita
Nuova. Questo è il vero dono dell’amicizia.
Inco
0 commenti:
Posta un commento