VOCI
« Ascolta la voce della sorgente …»
Gioia e dolore sono due verità presenti intimamente nella nostra vita. Non c’è istante in cui non si odono, nel profondo del nostro spirito, i rintocchi della gioia, alternati a quelli del dolore. È come il suono di una campana che riecheggia continuamente a valle.
Sono voci che ci raggiungono, ci contattano, ci parlano nel segreto del cuore, dove siamo soli con noi stessi in tempi, luoghi e modi diversi.
Possa tu avere un orecchio aperto, pronto, attento e silenzioso per ascoltarle ed accoglierle.
Ho tentato di cercare nella natura un simbolo che potesse aiutarti a comprendere la realtà dolore-gioia nel quotidiano.
Un giorno, sulla riva di un fiume ho incontrato una libellula. Era bellissima, con le sue quattro ali colorate e trasparenti che riflettevano la luce. Il suo corpo affusolato faceva da controbilanciamento e vibrando le sue alette delicate, si muoveva a scatti e poi sostava immobile sulle acque.
Seguivo i suoi piccoli voli, ma eccola venirmi vicino e poggiarsi su una foglia. Ebbi la sensazione che mi parlasse con grazia, donandomi un senso di allegria e colmando di mistero il mio essere.
Ascoltavo la sua voce con attenzione, lasciandomi ammaestrare dai suoi saggi versi. Mi raccontava che lungo i pendii di un monte scivolavano, saltellando e crepitando, le acque fresche di una sorgente, nascosta nell’intimità di una terra buia. Mi parve che stava esponendo quello che era accaduto alla terra del mio cuore, dalla quale era stato raccolto ogni mio detrito, spinto lontano. Vedevo, confusamente, tutti i risvolti della mia storia vissuta: problemi, sofferenze, fatiche, preoccupazioni, affanni e quei tristi istanti delle mie giornate, ferite da dolori senza nome, perché non definibili. Essi erano avvolti da un misterioso silenzio e speravo che solo con il tempo ne avrei capito il senso e il valore. Quella libellula mi conduceva, in modo vivo, all’esperienza della sorgente e mi trascinava verso la vallata in quell’acqua sgorgata dal buio della montagna, anche se appariva ai suoi occhi limpida e trasparente. Ma essa stessa s’interrogava sul mistero di quella fonte che portava alla luce il frutto di tanta oscurità. Era come la rivelazione di una realtà, nata nel seno della terra, che poi, per meravigliosa stagione, era stata generata alla luce, senza lasciare nelle sue acque le tenebre della sua origine. Mi disse che quel fiume nasceva nell’oscurità, ma non era inquinato dal buio, proprio come il dolore che può presentarsi fosco, ma è un dono che emergerà nella freschezza di una sorgente luminosa. Essa non mi rivela le viscere da cui proviene ma mi spinge a zampillare in un’acqua fresca, nata per essere un dono pregiato per gli altri.
Quell’animaletto mi trascinava alla sorgenti vive della mia storia e mi faceva leggere, con occhi diversi gli avvenimenti, che mi apparivano densi di luce e di vita.
Capivo intimamente che tanti attimi, sgorgati dalla mia interiore sorgente, pur carichi di dolore, sono preziosi per me, perché mi aprono agli altri, anche se non sempre ho coscienza di questa ricchezza.
La gioia germina dopo questo buio e viene fuori alla luce. Donare la propria acqua vitale è il segreto della gioia.
La libellula poi schizzò via e mi lasciò, nell’istante in cui restavo affascinata dalla lucentezza che può donare il dolore, portatore di acqua viva.
Un giorno ha visto un filmato sulla natura: mi colpiva tanto un fiume che scorreva lentamente verso la foce. Le sue acque erano un continuo rumoreggiare. Un gruppo di persone seguivano quella ripresa. A tratti sentivo voci, un parlottare continuo che disturbava. Vedevo la poca attenzione a quelle immagini così accattivanti. Girandomi, per imporre il silenzio, mi sono accorta che tutti erano intenti a guardare le scene: nessuno fiatava.
E quelle voci? Erano le acque che parlavano, proprio come quella libellula che faceva da sponda con la sorgente.
Concludo con il pensiero di un saggio:
1 commenti:
Sei sempre una gioia
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