A settembre dell’anno scorso sono
stato a Gerusalemme “senza ride e senza piagne”, come si diceva un tempo a Roma in una
cantilena giocosa recitata dai bambini. Facevo parte di un gruppo numeroso di
pellegrini, più di cinquanta. Era una mattinata stupenda da vivere in una città
piena di fascino, di suggestioni, ma anche di contraddizioni.
Una città d’oro. Tutti gli edifici sono realizzati con blocchetti color ocra che danno, soprattutto all’imbrunire, la sensazione di questo prezioso metallo. Metallo che effettivamente copre i tetti o le cupole di numerosi edifici di culto e civili che svettano sul panorama urbano.
Una città che mi è parsa intrisa
di amore e di odio . Di amore dell’uomo nei confronti di Dio, considerato che
essa è sacra per tutte e tre le grandi religioni monoteiste, due delle quali trovano
qui il centro del loro culto. Di odio per le contrapposizioni, le lacerazioni, lo stato di tensione e di allarme permanente
che si avvertono in ogni ambito. Un alto muro di cemento armato spacca
orribilmente la città in due. Soldati armati sino ai denti sono appostati dappertutto.
Quella mattina, dicevo, ci siamo
recati in visita all’Orto degli ulivi o Getsemani, luogo dove, secondo quanto
descritto dai Vangeli, Gesù , terminata la cena con i suoi apostoli, si recò
per pregare ed accettare la passione che gli si prospettava. Stavamo per
entrare nella cappella costruita nel luogo dove, secondo la tradizione, Gesù s’era
appartato per pregare lasciando un’impronta del suo piede sulla roccia,
impronta ben visibile sotto il pavimento.
Due ragazzetti palestinesi malmessi di non più
di quindici anni, appostati sulla porta per elemosinare, hanno cominciato ad
azzuffarsi, probabilmente per questioni di soldi . Uno dei due, certamente il
defraudato, era particolarmente
aggressivo, mentre l’altro si limitava a difendersi. Il primo aveva preso per
il collo il secondo e cercava di strangolarlo. Nessuno interveniva. Le donne preoccupate
hanno invitato noi uomini a farlo ma nessuno si è mosso. L’ho fatto io che ero
tra i più anziani e tra i meno prestanti.
Dopo aver invitato inutilmente
con qualche urlo l’energumeno a smetterla, l’ho avviluppato completamente con le braccia,
bloccandolo. L’ho quindi allontanato dalla
sua vittima. Appena l’ho mollato, il
ragazzo è venuto minaccioso con i pugni contro di me ma poi ha desistito.
Sono entrato nella cappella in
stato di agitazione aggravato dalla circostanza che qualcuno mi ha detto che
ero stato imprudente, che avevo rischiato di prendere una coltellata e che se
mi fossi fatto gli affari miei sarebbe stato meglio. Io invece provavo tanta
pena per quei poveri ragazzi e mi sentivo un po’ in colpa con quello a cui
avevo messo le mani addosso. Uscendo l’ho ritrovato fuori della porta insieme
al compagno. Mi ha porto un ramoscello d’ulivo ed io gli ho stretto la mano,
l’ho baciato e gli ho dato cinque euro. Si è avvicinato anche l’altro che
parimenti mi ha offerto un ramoscello. Ho chiesto al primo se mi autorizzava a
fare anche a lui un’ offerta. Ha risposto di sì con un sorriso. Mentre mi
allontanavo tutti e due mi hanno salutato dicendo “Good luck , Sir!”.
Forse ero stato imprudente ed avevo dieci euro in
meno in tasca, ma ero contento.
Giulio
Giulio
1 commenti:
hai fatto benissimo. Quante brutture in meno leggeremmo sui giornali se tutti avessimo la capacità di non farci i fatti nostri,pur correndo qualche rischio, in tante circostanze!
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