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martedì 18 febbraio 2014

Getsemani


A settembre dell’anno scorso sono stato a Gerusalemme “senza ride e senza piagne”,  come si diceva un tempo a Roma in una cantilena giocosa recitata dai bambini. Facevo parte di un gruppo numeroso di pellegrini, più di cinquanta. Era una mattinata stupenda da vivere in una città piena di fascino, di suggestioni, ma anche di contraddizioni.

    Una città d’oro. Tutti gli edifici sono realizzati con blocchetti color ocra che danno, soprattutto all’imbrunire, la sensazione di questo prezioso metallo. Metallo  che effettivamente copre i tetti o le cupole di numerosi edifici  di culto e civili che svettano sul panorama urbano.
Una città che mi è parsa intrisa di amore e di odio . Di amore dell’uomo nei confronti di Dio, considerato che essa è sacra per tutte e tre le grandi religioni monoteiste, due delle quali trovano qui il centro del loro culto. Di odio per le contrapposizioni, le lacerazioni,  lo stato di tensione e di allarme permanente che si avvertono in ogni ambito. Un alto muro di cemento armato spacca orribilmente la città in due. Soldati armati sino ai denti sono appostati dappertutto.
Quella mattina, dicevo, ci siamo recati in visita all’Orto degli ulivi o Getsemani, luogo dove, secondo quanto descritto dai Vangeli, Gesù , terminata la cena con i suoi apostoli, si recò per pregare ed accettare la passione che gli si prospettava. Stavamo per entrare nella cappella costruita nel luogo dove, secondo la tradizione, Gesù s’era appartato per pregare lasciando un’impronta del suo piede sulla roccia, impronta  ben visibile sotto il pavimento.
 Due ragazzetti palestinesi malmessi di non più di quindici anni, appostati sulla porta per elemosinare, hanno cominciato ad azzuffarsi, probabilmente per questioni di soldi . Uno dei due, certamente il defraudato, era  particolarmente aggressivo, mentre l’altro si limitava a difendersi. Il primo aveva preso per il collo il secondo e cercava di strangolarlo. Nessuno interveniva. Le donne preoccupate hanno invitato noi uomini a farlo ma nessuno si è mosso. L’ho fatto io che ero tra i più anziani e tra i meno prestanti.  
Dopo aver invitato inutilmente con qualche urlo l’energumeno a smetterla,  l’ho avviluppato completamente con le braccia, bloccandolo.  L’ho quindi allontanato dalla sua vittima. Appena l’ho mollato,  il ragazzo è venuto minaccioso con i pugni contro di me ma poi ha desistito.
Sono entrato nella cappella in stato di agitazione aggravato dalla circostanza che qualcuno mi ha detto che ero stato imprudente, che avevo rischiato di prendere una coltellata e che se mi fossi fatto gli affari miei sarebbe stato meglio. Io invece provavo tanta pena per quei poveri ragazzi e mi sentivo un po’ in colpa con quello a cui avevo messo le mani addosso. Uscendo l’ho ritrovato fuori della porta insieme al compagno. Mi ha porto un ramoscello d’ulivo ed io gli ho stretto la mano, l’ho baciato e gli ho dato cinque euro. Si è avvicinato anche l’altro che parimenti mi ha offerto un ramoscello. Ho chiesto al primo se mi autorizzava a fare anche a lui un’ offerta. Ha risposto di sì con un sorriso. Mentre mi allontanavo tutti e due mi hanno salutato dicendo “Good luck , Sir!”.
Forse ero stato imprudente ed avevo dieci euro in meno in tasca, ma ero contento.

Giulio

1 commenti:

Anonimo ha detto...

hai fatto benissimo. Quante brutture in meno leggeremmo sui giornali se tutti avessimo la capacità di non farci i fatti nostri,pur correndo qualche rischio, in tante circostanze!

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