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lunedì 28 gennaio 2019

Memoria del cuore


Era un bambino sveglio, intelligente, di carattere aperto e dolce. All’età di dieci anni gli fu diagnosticata una malattia agli occhi. Con il tempo sarebbe diventato cieco.
I suoi genitori decisero di portarlo in giro per il mondo, perché potesse immagazzinare, nella sua mente, più dati possibili: immagini e bellezze di una natura stupenda, il viso dei suoi cari, il sorriso dei bimbi, il pianto dei sofferenti, la gioia dei semplici, le rughe degli anziani … Quando a vent’anni arrivò il triste giorno, gli regalarono degli occhiali neri e un cane che lo accompagnasse dovunque.
Ogni tanto il giovane restava assorto, rapito dal silenzio. Gli tornavano parole udite in passato, fatti, figure. Le rivedeva nel suo intimo e le traduceva in modo malinconico, con un tocco di amarezza e nostalgia. Trascorsero alcuni anni e qualcosa iniziò a cambiare dentro di sé. Associava pensieri, segni e creava la novità. Dipingeva con la fantasia quadri bellissimi, invitando i suoi amici ad entrare in quel suo mondo interiore, così diverso da prima.
Tutto è diventato, ora, memoria del cuore e gli ritorna come un eco che ascolta, tradotta in musica dolcissima. Gli amici lo guardano con commiserazione, distratti dalla sua vita inaccettabile e gli dicono:
«  Poverino, chissà quanto soffri nella tua cecità! ».
Con serenità, lui risponde loro:
« Sì, un tempo ero infelice perché tentavo di vedere le cose fuori di me, con i miei occhi spenti. Ora le vedo dentro, con gli occhi del cuore. È un mondo fantastico questa mia vita così diversa: un buio di luce che illumina il mio intimo, attraverso occhi nuovi.
Io sono, oggi,  l’uomo più felice! ». 








Ti prego
Dio di luce inaccessibile,
quando ti guardo in me,
con gli occhi spenti
della mia mente buia,
mi avvedo dell’oscurità immensa
che vieta alla mia anima
l’ingresso nella tua Presenza.
Donami, nella mia cecità,
occhi nuovi per vederti
e scorgere i tuoi riflessi
intorno alle mie pupille,
dove si rifrange la tua luce.
Ch’io possa dirti, Signore:
io sono, oggi, immerso in Te,
perché la tua immagine
mi è impressa dentro
e Tu, mio Dio, ci sei.

sabato 26 gennaio 2019

Il Credo … la remissione dei peccati, ... - Parte prima



Crediamo che Cristo sia continuamente presente nella storia tramite lo Spirito Santo, il quale agisce nella Comunione dei Santi (i fedeli di Cristo che costituiscono la Chiesa) e nella remissione dei peccati (tramite il sacramento della Penitenza).
Cristo, il Verbo, si è infatti fatto carne e si è fatto crocifiggere per la salvezza dell’essere umano, salvezza che ci ha donato tramite due sacramenti: il Battesimo e la Penitenza.
Questi doni, per sua volontà, vengono esercitati, tramite lo Spirito Santo, inizialmente dai suoi Apostoli e successivamente da tutti i loro successori, i sacerdoti che, ricevuto il sacramento dell’Ordine, trasmettono questo dono a chi viene battezzato la prima volta e chiede di esserlo di nuovo nella Penitenza, nuovo battesimo, dopo aver peccato, se pentito. Il Credo di Nicea-Costantinopoli recita “Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati”.

Così Gesù parlò ai Dodici nel Cenacolo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro cui non perdonerete, non saranno perdonati»” (Giovanni 20-22) e, prima di salire in Cielo: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16,15).
La remissione dei peccati è dunque legata, a filo doppio, alla Fede e al Battesimo.

Il Battesimo è il primo perdono dei peccati che riceviamo e che trasforma la nostra vita rendendoci figli di Dio affinché “anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Paolo, Lettera ai Romani 6,4). Non ci rendiamo mai abbastanza costo di cosa significhi essere diventati figli di Dio. Bisogna tornare alla Genesi, quando Dio creatore creò l’uomo e soffiando gli versò quel qualcosa di immateriale che chiamiamo anima, così facendolo “a sua immagine e somiglianza”, figlio suo. Quella scena mi ricorda la celeberrima rappresentazione che Michelangelo Buonarroti diede di quel momento nella Cappella Sistina: quelle dita che quasi si toccano e che lasciano intravvedere lo scoccare della scintilla della vera vita.

Con il Battesimo viene concesso un perdono totale, che libera da ogni peccato, sia quello originale, sia quello contratto dopo la nascita, per coloro che si battezzano da adulti.
Naturalmente ciò non libera la nostra natura umana dalla sua intrinseca debolezza che la rende disponibile a cadere nella tentazione. Cedendo al proprio egoismo ci si ritrova nella condizione di essere nuovamente nel peccato. Ed ecco il nuovo battesimo nel sacramento della Penitenza, che infatti venne chiamato “Battesimo laborioso” per la Remissione dei peccati.
Due sono le però le condizioni imprescindibili che conducono al loro perdono.
Anzitutto il pentimento: la coscienza dell’uomo, che oserei chiamare la parte razionale dell’anima, che si riconosce peccatore, si pente e confessa al Signore, tramite il suo rappresentante sulla Terra, il suo peccato. Nei primi tempi lo si faceva in pubblico, poi dal settimo secolo lo si fa in privato, nel confessionale dove si materializza la seconda condizione: l’azione di Dio che, attraverso i presbiteri, ministri della riconciliazione grazie al potere ricevuto da Cristo, concede il perdono.
Scrive a questo proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica (982): “Non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa. «Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono». Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontani dal peccato”. 

                                                            Salvatore