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venerdì 16 marzo 2018

Mino e il senso della vita - Premessa



Ascoltami! Mi preparo a darti un messaggio, un consiglio. Se hai deciso di leggere Mino e le sue storie,  ho pensato che forse, prima, è bene ti confidi che si tratta di entrare, con la porta aperta, in contatto con il fazzoletto del mio dolore. Entrerai anche nella mia casa, la casa del mio cuore intendo, il cuore di Mino, di un bambino che oggi ripensa al suo passato con le sue parole spontanee ma anche con lo sguardo di un adulto. Il messaggio, o se vuoi, il consiglio è questo: ognuno di noi potrebbe ricevere durante la vita una grazia, quella di poter asciugare il proprio dolore, o perlomeno provare, con cura, a farlo. E a te? Vuoi solo leggermi o ti interessa anche questo? Vuoi sapere, o perlomeno tentare come me di asciugare il fazzoletto del tuo dolore? Ho seguito una sequenza di azioni. Anzitutto tra le tue mani, potresti trovare un’arma: il coraggio! E una casa in cui tu, intendo la tua persona di oggi, stia al riparo. Ne parli nel tuo diario, prima di quello scritto in quello interiore. Fai parlare tutto il tuo parlamento e i tuoi geografi, i tuoi esploratori, quelli insomma che conoscono i solchi della tua anima, della tua Psiche, così com’è oggi scolpita. Una cosa però”! Resta in te stessa, in te stesso! Non uscire dalla cura del tuo animo, altrimenti finirai nel freddo, tra i ghiacci, all’aperto e senza alcuna sana protezione, quindi senza “legame”, senza “affetto”. Mi spiego meglio: cerca di non farti del male: lasciati andare a non pensare e soprattutto a non giudicare, non lo fare con tua madre, con tuo padre, con le mancanze presunte dei tuoi nonni e loro avi, con i fratelli e amici presenti o assenti o estranei e, per quanto possibile, gestisci la tua rabbia, il tuo dolore. Metti un freno a tutto questo. Perché ciò che conta è che di questo e di altro, tu ti possa, come petali al vento, aprire liberamente e “spogliare”, e che tu lo faccia presto! Queste barriere ti potranno difendere dal tuo stesso sarcasmo, dalla maledizione, dal pensiero funesto o disperato, dalle più o meno meschine o diaboliche accuse, dall’impotenza che hai certamente in certi frangenti sperimentato negli angoli bui del tuo passato. Se riuscirai, come il cavaliere col cavallo, sul ponte sospeso e col castello, conquisterai la tua principessa, rinchiusa in una delle torri più alte. Sarà lei, la tua, e la tua amata, a farti capire che, almeno una volta nella vita, puoi davvero e finalmente abbracciare anche la tua anima e giungere dove ognuno di noi è chiamato dopo la propria intera vita, ad arrivare: proprio lì: al centro del proprio cuore.

Torniamo a chi, come te invece, sei qui in procinto solo di leggere queste storie, questo libro. Si tratta di compiere un viaggio intorno  una mappa geografica che non conosci, perché anche io non so, perché son fatto così oggi, adesso, anch’io non so esattamente chi sono! Anche se sono o penso proprio di essere abbastanza grande o maturo o vecchio.
Ecco quindi che prende la parola “il mio Mino”, una parte forse tanto piccola di me, che vuole solo che io la impari ad abbracciare, al posto di nascondermi, di allontanarmi da lei, perché forse un po’ lo abbiamo capito: calpestare la nostra Geografia, la pelle del nostro dolore ci fa male, e a volte tanto male, e preferiamo dimenticarci tutto e imparare a vivere fuori, a vivere all’esterno e per l’esterno, vagare magari poco “utilmente” negli spazi aerei di questo mondo, ma dimenticare il proprio Mino e fuggire nell’oblio.
Il mio dolore si sta raccogliendo invece tutto in un fazzoletto di stoffa, che ultimamente ammetto, è quasi un po’ bagnato, dalle lacrime del mio dolore, per quanto la mia anima, incarcerata nel mio corpo sin dalla mia nascita, ha dovuto imparare a subire e tollerare.
La tua storia non può esser tanto diversa dalla mia. La mia ad esempio è tanto esplicita. Il mio dolore e ciò che lo ha causato si coglie come si colgono i fiori semplici, ma quelli più odorosi di un prato.
Chi soffre più di me, chi soffre immensamente in questo mondo, sono invece le persone che non hanno avuto accesso al proprio parlamento, sono privati di geografi ed esploratori (lo so, è una chiara citazione di quelli del Piccolo Principe), perché, seppelliti forse per sempre, nel proprio egocentrismo, ed accecati dal proprio falso lampione e da ogni effimera e mondana convinzione, non li sanno arruolare! Esiste poi una forma ancora più meschina di dolore: quello generazionale! Soffri per le scelte o le situazioni subite da uno op più dei tuoi familiari, e di questo dolore senti l’odore acre, l’avversa nebulosa ma non hai la grazia di aver accesso alla storia, alla causa che l’ha costituito.
Una cosa è certa. Senza amici non si sopravvive! Figuriamoci come possa farlo chi ha al timone del proprio vascello, un capitano nemico ed ignaro, disinteressato alla propria ciurma.
Allora ti ricordo, e tu, vieni a me, mio dolore! Ti invoco e rispondimi, ruscello, roccia sbeccata da cui sgorgano le sorgenti che mi hanno insegnato come quanto e quando amare! Venite a me valli prosciugate da quei giorni riarsi in cui potevo solo urlare e potevo solo accettare di soffrire! Vieni a me, vita mia immensa, perché adesso ho trovato il modo di accoglierti, di baciarti, di cullarti nel mio grembo di padre e di madre insieme e cogliere una volta per tute il tuo senso, il tuo significato! Vieni vita mia, faccio oggi di te il mio cuscino su cui felice e gioioso dormire, la mia coperta bianca e soffice dove nascondermi come fanno i bambini giocando e rotolandosi nella neve. Vieni vita mia a me, io ti voglio amare!
                                             Giampiero

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