Ascoltami! Mi
preparo a darti un messaggio, un consiglio. Se hai deciso di leggere Mino e le
sue storie, ho pensato che forse, prima,
è bene ti confidi che si tratta di entrare, con la porta aperta, in contatto
con il fazzoletto del mio dolore. Entrerai anche nella mia casa, la casa del
mio cuore intendo, il cuore di Mino, di un bambino che oggi ripensa al suo
passato con le sue parole spontanee ma anche con lo sguardo di un adulto. Il messaggio,
o se vuoi, il consiglio è questo: ognuno di noi potrebbe ricevere durante la
vita una grazia, quella di poter asciugare il proprio dolore, o perlomeno
provare, con cura, a farlo. E a te? Vuoi solo leggermi o ti interessa anche
questo? Vuoi sapere, o perlomeno tentare come me di asciugare il fazzoletto del
tuo dolore? Ho seguito una sequenza di azioni. Anzitutto tra le tue mani, potresti
trovare un’arma: il coraggio! E una casa in cui tu, intendo la tua persona di oggi,
stia al riparo. Ne parli nel tuo diario, prima di quello scritto in quello
interiore. Fai parlare tutto il tuo parlamento e i tuoi geografi, i tuoi
esploratori, quelli insomma che conoscono i solchi della tua anima, della tua
Psiche, così com’è oggi scolpita. Una cosa però”! Resta in te stessa, in te
stesso! Non uscire dalla cura del tuo animo, altrimenti finirai nel freddo, tra
i ghiacci, all’aperto e senza alcuna sana protezione, quindi senza “legame”,
senza “affetto”. Mi spiego meglio: cerca di non farti del male: lasciati andare
a non pensare e soprattutto a non giudicare, non lo fare con tua madre, con tuo
padre, con le mancanze presunte dei tuoi nonni e loro avi, con i fratelli e
amici presenti o assenti o estranei e, per quanto possibile, gestisci la tua
rabbia, il tuo dolore. Metti un freno a tutto questo. Perché ciò che conta è
che di questo e di altro, tu ti possa, come petali al vento, aprire liberamente
e “spogliare”, e che tu lo faccia presto! Queste barriere ti potranno difendere
dal tuo stesso sarcasmo, dalla maledizione, dal pensiero funesto o disperato, dalle
più o meno meschine o diaboliche accuse, dall’impotenza che hai certamente in
certi frangenti sperimentato negli angoli bui del tuo passato. Se riuscirai,
come il cavaliere col cavallo, sul ponte sospeso e col castello, conquisterai
la tua principessa, rinchiusa in una delle torri più alte. Sarà lei, la tua, e
la tua amata, a farti capire che, almeno una volta nella vita, puoi davvero e finalmente
abbracciare anche la tua anima e giungere dove ognuno di noi è chiamato dopo la
propria intera vita, ad arrivare: proprio lì: al centro del proprio cuore.
Torniamo a chi,
come te invece, sei qui in procinto solo di leggere queste storie, questo
libro. Si tratta di compiere un viaggio intorno
una mappa geografica che non conosci, perché anche io non so, perché son
fatto così oggi, adesso, anch’io non so esattamente chi sono! Anche se sono o
penso proprio di essere abbastanza grande o maturo o vecchio.
Ecco quindi che
prende la parola “il mio Mino”, una parte forse tanto piccola di me, che vuole
solo che io la impari ad abbracciare, al posto di nascondermi, di allontanarmi
da lei, perché forse un po’ lo abbiamo capito: calpestare la nostra Geografia,
la pelle del nostro dolore ci fa male, e a volte tanto male, e preferiamo
dimenticarci tutto e imparare a vivere fuori, a vivere all’esterno e per
l’esterno, vagare magari poco “utilmente” negli spazi aerei di questo mondo, ma
dimenticare il proprio Mino e fuggire nell’oblio.
Il mio dolore si
sta raccogliendo invece tutto in un fazzoletto di stoffa, che ultimamente
ammetto, è quasi un po’ bagnato, dalle lacrime del mio dolore, per quanto la
mia anima, incarcerata nel mio corpo sin dalla mia nascita, ha dovuto imparare
a subire e tollerare.
La tua storia non
può esser tanto diversa dalla mia. La mia ad esempio è tanto esplicita. Il mio
dolore e ciò che lo ha causato si coglie come si colgono i fiori semplici, ma
quelli più odorosi di un prato.
Chi soffre più di
me, chi soffre immensamente in questo mondo, sono invece le persone che non
hanno avuto accesso al proprio parlamento, sono privati di geografi ed
esploratori (lo so, è una chiara citazione di quelli del Piccolo Principe), perché, seppelliti forse per sempre, nel proprio
egocentrismo, ed accecati dal proprio falso lampione e da ogni effimera e
mondana convinzione, non li sanno arruolare! Esiste poi una forma ancora più
meschina di dolore: quello generazionale! Soffri per le scelte o le situazioni
subite da uno op più dei tuoi familiari, e di questo dolore senti l’odore acre,
l’avversa nebulosa ma non hai la grazia di aver accesso alla storia, alla causa
che l’ha costituito.
Una cosa è certa.
Senza amici non si sopravvive! Figuriamoci come possa farlo chi ha al timone
del proprio vascello, un capitano nemico ed ignaro, disinteressato alla propria
ciurma.
Allora ti ricordo,
e tu, vieni a me, mio dolore! Ti invoco e rispondimi, ruscello, roccia sbeccata
da cui sgorgano le sorgenti che mi hanno insegnato come quanto e quando amare!
Venite a me valli prosciugate da quei giorni riarsi in cui potevo solo urlare e
potevo solo accettare di soffrire! Vieni a me, vita mia immensa, perché adesso
ho trovato il modo di accoglierti, di baciarti, di cullarti nel mio grembo di padre
e di madre insieme e cogliere una volta per tute il tuo senso, il tuo
significato! Vieni vita mia, faccio oggi di te il mio cuscino su cui felice e
gioioso dormire, la mia coperta bianca e soffice dove nascondermi come fanno i
bambini giocando e rotolandosi nella neve. Vieni vita mia a me, io ti voglio
amare!
Giampiero
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