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lunedì 22 maggio 2017

Il Credo - ...il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine ...




La prima volta che abbandonai la visione di Dio come quella del grande vecchio con la barba, onnipotente, fu quando lessi la dichiarazione che fece Yuri Gagarin al rientro dal primo volo di un uomo nello spazio: "Non c'è nessun Dio quassù".  Era il 12 aprile 1961. Ne riferì molti anni dopo il futuro papa Benedetto XVI quando era ancora cardinale: “Che Dio non si possa toccare con le mani o osservare con il telescopio, che non abiti sulla Luna, su Saturno, su qualche pianeta o nelle stelle lo si sapeva già, prima che lo dicesse Gagarin”. Dio non lo si incontra in cielo, lo incontriamo, ciascuno di noi, inaspettatamente, quando ci imbattiamo in Cristo e, ascoltandone la Parola, accettiamo, per fede corroborata dalla ragione, che è in Lui che vediamo Dio, Dio che “si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”.

I testimoni che lo videro quando era assieme a loro poterono annunciare “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono” (Prima lettera di Giovanni 1). Noi che non c’eravamo lo possiamo credere per fede e per la testimonianza, che riteniamo veritiera, di chi c’era. Lui stesso ce lo ha assicurato durante l’Ultima Cena: “Chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Gv 12,45). Vediamo dunque Dio non con il telescopio ma, con gli occhi della fede, lo vediamo in Cristo che ha dato un senso alla nostra vita terrena. Come disse papa Giovanni Paolo II ai giovani, in occasione del Giubileo del 2000, “E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.

giovedì 18 maggio 2017

DISTRAZIONI - Come il volo di un gabbiano sul mare



È sull’onda che si arresta il gabbiano.
Un’onda qualsiasi,
purché non sia di terra.
Nel mare, quando fa sera,
c’è sempre un sapore strano
di oasi, di punto nel deserto d’acqua
dove c’è vita.

Se guardi fisso, o qua o là,
trovi di certo un retaggio dove ti quieti:
o vicino l’orizzonte, dove ti perdi,
o in mezzo al mare, dove t’affondi,
o in qualche oscuro posto, lontano,
dove diventi un’onda
in cerca  di un lido.
E sulla tua onda… un gabbiano.
 
Sono le ali bianche di tanti ricordi,
oppure illusioni, od anche pensieri stanchi,
o semplici distrazioni.
Lesto vagar nel cielo,
senza trovare l’accogliente sponda
a cui ormeggiare.

Se cerchi l’eterno orizzonte, ricorda:
lo cerchi invano.
Se affondi nel mare profondo,
ti perdi il colore del cielo.

Se invece tu vaghi come onda,
pensosa di spiaggia serena,
lontano, lontano,
con ali di vento,
s’accosta al tuo mare un gabbiano.


Riflessione
 Le nostre distrazioni appartengono ai sentimenti, a quella zona dove ogni uomo si trova a vivere nel mondo delle realtà, che sopravanzano schemi e ragionamenti puramente razionali.
Divaghiamo con la nostra sfera interiore, rincorrendo tutto quel mondo spirituale che, come una nuova creazione, elimina ogni difetto e incarna simboli pieni di vita, di emozioni pure e intense in cui noi, amabilmente, ci perdiamo.
E’ un retaggio di paradiso perduto e ritrovato.
Voliamo in un ambiente dove tutto ha il sapore di verità completamente diverse da quelle ci affaticano quotidianamente e che formano il tessuto in cui viviamo e ci muoviamo inesorabilmente.
Il gabbiano rappresenta l’icona del volo che si muove liberamente e che ci permette un librarci nell’aria, non come in un sogno, ma quale vita di quella libertà senza restrizioni di sorta.
Tutti sentiamo il bisogno di abitare senza leggi costrittive, ma per un’oscura forma di vivere senza barriere. Sono queste leggi che ci impediscono di muoverci senza impedimenti, perché noi amiamo la radice stessa della libertà che, in fondo, è un intrinseco anelito di infinito.

                                                                                        Lorenzo

sabato 13 maggio 2017

Un risveglio nuovo



Quando giunse il suo giorno, la primavera destò gli alberi dal loro lungo sonno invernale. La natura iniziò, così, a riempirsi di colori e di profumi delicati.
Solo un albero, che era un tempo il più maestoso del giardino, non si svegliò, eppure sembrava robusto e vivo. Non gli mancava, forse, la forza ed il coraggio di ricominciare a germogliare? Continuava a vivere con tristezza, il suo inverno che era già andato via. Il giardiniere, alquanto disturbato, decise, di tagliarlo: creava una nota disarmonica nell’armonia del ridente giardino.
Un rampicante bellissimo, con fiori rosa, lo fermò, dicendogli:
« Abbi pazienza, padrone, penseremo noi a lui. Lo trasformeremo e tu ne sarai lieto! ».
 E fu così che, durante la notte, mentre tutti risposavano, il rampicante si avvinghiò all’albero secco e si avvolse intorno ai suoi rami. Trascorso il tempo del riposo notturno, non appena il sole si affacciò dietro la collina, ci fu un risveglio diverso dagli altri che regalò al giardiniere una piacevole sorpresa. All’unanimità ecco sbocciare le roselline sull’albero che apparve uno splendore. Il rampicante aveva restituito al vecchio albero, apparentemente morto, una nuova vita. Da allora attendeva di vivere in lui le sue primavere.
Ci sono momenti, nella vita, in cui abbiamo bisogno degli altri per ritrovarci e continuare ad andare avanti, onde ritrovare la forza di credere e di sperare e, soprattutto, di amare, donando.


























Ti prego …
Vedi, eterno Signore,
il mio tempo
pian piano mi lascia,
portandosi dietro
pezzi di vita.
Mi sento abbandonato.
Mi ritrovo debole,
fiaccato, incapace,
inadatto, privo di energie.
Eppure nella profondità
del mio cuore ardente,
c’è la voglia di continuare
ad espletare le mie forze.
Tu mi riveli nell’intimo,
che ora mi trovo
nel tuo tempo divino,
che devo riposare in Te,
Dio del mio dolce riposo,
e che opererai in me
per gli altri, i quali attendono
il meglio, che nel mio tempo
mi hai donato.
Ed io riceverò con gratuità
la gioia semplice del dono
da chi incontrerò
e mi chiederà tutto di me.
Continuerò a donare
questo mio tutto
senza tenermi nulla
perché Tu vuoi così,
Padre mio.


                                                             Incoronata