La prima volta che abbandonai la visione
di Dio come quella del grande vecchio con la barba, onnipotente, fu quando
lessi la dichiarazione che fece Yuri Gagarin al rientro dal primo volo di un
uomo nello spazio: "Non c'è nessun
Dio quassù". Era il 12 aprile
1961. Ne riferì molti anni dopo il futuro papa Benedetto XVI quando era ancora
cardinale: “Che Dio non si possa toccare
con le mani o osservare con il telescopio, che non abiti sulla Luna, su
Saturno, su qualche pianeta o nelle stelle lo si sapeva già, prima che lo
dicesse Gagarin”. Dio non lo si incontra in cielo, lo incontriamo, ciascuno
di noi, inaspettatamente, quando ci imbattiamo in Cristo e, ascoltandone la
Parola, accettiamo, per fede corroborata dalla ragione, che è in Lui che
vediamo Dio, Dio che “si è fatto uomo nel
seno della Vergine Maria ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”.
I testimoni che lo videro quando era
assieme a loro poterono annunciare “quello
che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che
contemplammo e che le nostre mani toccarono” (Prima lettera di Giovanni 1).
Noi che non c’eravamo lo possiamo credere per fede e per la testimonianza, che
riteniamo veritiera, di chi c’era. Lui stesso ce lo ha assicurato durante
l’Ultima Cena: “Chi vede me, vede colui
che mi ha mandato” (Gv 12,45). Vediamo dunque Dio non con il telescopio ma,
con gli occhi della fede, lo vediamo in Cristo che ha dato un senso alla nostra
vita terrena. Come disse papa Giovanni Paolo II ai giovani, in occasione del
Giubileo del 2000, “E’ Gesù che suscita
in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di
seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il
coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la
società, rendendola più umana e fraterna”.