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venerdì 13 febbraio 2015

Il soffio di una melodia





IL SOFFIO DI
UNA MELODIA

Sulle rive di un fiume cresceva, in un canneto, una canna rigogliosa che si lasciava lambire, continuamente, da un‘onda azzurra come il cielo.
Si sentiva vezzeggiata, amata e, soprattutto, ammirata dalle sue compagne per la sua umiltà e dolcezza. Gli uccelli, che nidificavano da quelle parti, intonavano in suo onore, i canti più belli e la corteggiavano. Il vento, poi, si sbizzarriva a soffiare le sue arie, anche se sempre uguali, e a sbatterle una contro l’altra a mo’ di strumenti a percussione.

Un giorno, però, la canna fu tagliata: serviva per fabbricare un flauto. Essa soffrì il distacco e il dolore dei fori che le dovettero incidere, per renderla uno strumento adatto al suono. Questi erano un passaggio d’aria e generavano, ognuno, una nota particolare che andava dai suoni acuti a quelli gravi.
Mani d’artista avrebbero modulato l’uscita dell’aria e il flauto, senza nulla fare, avrebbe sentito il soffio di un canto diverso che cambiava la tonalità della melodia. Il suo anonimato, vissuto nel canneto, l’aveva resa un pezzo ammirabile. Non era più una canna qualsiasi ma, diventando flauto di canna, avrebbe conosciuto la bocca di un artista e le mani di un flautista di fama. È vero che sperimentava sempre la solitudine e la nostalgia del suo ambiente nativo, ma provava anche la gioia di una melodia nuova, diversa dal monotono motivo del vento del fiume, ed era felice di offrirla a chi l’ascoltava.
Una mattina, una pietra che veniva da lontano, rotolando nel fiume, radunò i pesci che vagavano spensierati nelle acque, dicendo loro:
« Venite, miei piccoli amici, ho da raccontarvi una storia molto bella ! ». Questi l’ascoltarono con grande attenzione.
« Si dice che, tempo fa, un padre regalò al suo bambino un piccolo flauto di canna, come pegno del suo amore paterno. Il ragazzo aveva imparato a suonarlo molto bene e diventò un artista famoso. Questo strumento gli infondeva serenità e contentezza. Egli amava tanto il suo genitore e aveva promesso a se stesso che nessuna cosa al mondo l’avrebbe mai separato da lui. Ma non fu così. Diventato famoso decise di percorrere altre strade e di raggiungere altre mete. S’allontanò da casa con un gran desiderio di libertà: sete di divertimenti, ansie da soddisfare ogni tipo di piacere, buttandosi a capofitto nelle cose che il mondo gli avrebbe offerto in qualsiasi modo.
Quel figlio ingrato non salutò nemmeno chi lo aveva tanto amato. Se ne andò un giorno e, durante il cammino, costeggiando il fiume, buttò nel canneto il suo flauto, proprio per spezzare qualsiasi legame d’amore filiale. Ora gustava, finalmente, il sapore della libertà tanto anelata. Quel flauto si senti nuovamente trafiggere il cuore. Giacque, abbandonato, sulla riva del suo fiume, vicino al suo canneto: quel posto era come se gli appartenesse, lo conosceva bene.
In un paese estraneo, invece, quel giovane sperperò tutti i suoi averi e visse in modo disordinato e senza scrupoli. Perse la sua dignità di uomo e di artista e fu costretto, a causa della miseria incombente, ad elemosinare ma la gente non lo prendeva sul serio e lo insultava. Si nutriva di rifiuti, di scarti e si dissetava con l’acqua fangosa delle pozzanghere. Provava tanta vergogna per il suo deplorevole stato. Le vesti lacere, privo di sandali, sudicio e nostalgico della casa paterna, pensò allora di riprendere quella strada già percorsa un tempo. Camminava triste, con la testa bassa, affranto e distrutto dal suo male che lo aveva ridotto così miseramente.
C’era, però, chi da sempre attendeva il suo ritorno: un padre buono che non disperava mai di rivederlo. Ogni giorno saliva sulla collina e spiava come sentinella attenta e fedele. Il suo sguardo si spingeva oltre, e un dì  lo intravide quand’era ancora lontano. Subito lasciò il suo posto di guardia e corse incontro al figlio, con il cuore in gola.
Intanto il misero, stanco e stremato, si trascinava con passo incerto e pesante. Costeggiando il fiume si ricordò del suo flauto che aveva buttato via. Si mise a cercarlo e lo trovò immerso nella melma delle acque. Improvvisamente si sentì diverso: quel flauto gli aveva restituito la sua vera libertà di figlio. Non appena vide il padre venirgli incontro, come segno di pentimento e di amore portò alle labbra il flauto e incominciò a suonare.
Quella canna abbandonata e ritrovata, si riempì di musica e diventò il soffio di una nuova melodia.


        Ricorda :

Puoi diventare, anche tu,
come un piccolo flauto di canna
che si riempie di musica.
Il soffio della nuova melodia
nasce nel tuo cuore,
dove il tuo vissuto non si perde
nella routine del quotidiano
e non cade nella rete
dell’abitudine e del banale.
Esso diventa un fatto
straordinario nell’ordinario.
Un cuore giovane
oltrepassa i ritmi monotoni
della vita di ogni giorno
e si colora d’amore in ogni gesto, parola,
dono offerti agli altri e per gli altri.
Allora, dài, prova a soffiare
nel tuo flauto interiore:
sei tu che moduli la sua melodia!

                                             Inco

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