IL
SOFFIO DI
UNA
MELODIA
Sulle rive di un fiume cresceva, in un canneto, una
canna rigogliosa che si lasciava lambire, continuamente, da un‘onda azzurra
come il cielo.
Si sentiva vezzeggiata, amata e, soprattutto, ammirata
dalle sue compagne per la sua umiltà e dolcezza. Gli uccelli, che nidificavano
da quelle parti, intonavano in suo onore, i canti più belli e la corteggiavano.
Il vento, poi, si sbizzarriva a soffiare le sue arie, anche se sempre uguali, e
a sbatterle una contro l’altra a mo’ di strumenti a percussione.
Un giorno, però, la canna fu tagliata: serviva per fabbricare
un flauto. Essa soffrì il distacco e il dolore dei fori che le dovettero
incidere, per renderla uno strumento adatto al suono. Questi erano un passaggio
d’aria e generavano, ognuno, una nota particolare che andava dai suoni acuti a
quelli gravi.
Mani d’artista avrebbero modulato l’uscita dell’aria e
il flauto, senza nulla fare, avrebbe sentito il soffio di un canto diverso che
cambiava la tonalità della melodia. Il suo anonimato, vissuto nel canneto,
l’aveva resa un pezzo ammirabile. Non era più una canna qualsiasi ma, diventando
flauto di canna, avrebbe conosciuto la bocca di un artista e le mani di un
flautista di fama. È vero che sperimentava sempre la solitudine e la nostalgia
del suo ambiente nativo, ma provava anche la gioia di una melodia nuova,
diversa dal monotono motivo del vento del fiume, ed era felice di offrirla a chi
l’ascoltava.
Una mattina, una pietra che veniva da lontano, rotolando
nel fiume, radunò i pesci che vagavano spensierati nelle acque, dicendo loro:
« Venite, miei piccoli amici, ho da raccontarvi una
storia molto bella ! ». Questi l’ascoltarono con grande attenzione.
« Si dice che, tempo fa, un padre regalò al suo bambino
un piccolo flauto di canna, come pegno del suo amore paterno. Il ragazzo aveva
imparato a suonarlo molto bene e diventò un artista famoso. Questo strumento
gli infondeva serenità e contentezza. Egli amava tanto il suo genitore e aveva
promesso a se stesso che nessuna cosa al mondo l’avrebbe mai separato da lui.
Ma non fu così. Diventato famoso decise di percorrere altre strade e di raggiungere
altre mete. S’allontanò da casa con un gran desiderio di libertà: sete di
divertimenti, ansie da soddisfare ogni tipo di piacere, buttandosi a capofitto
nelle cose che il mondo gli avrebbe offerto in qualsiasi modo.
Quel figlio ingrato non salutò nemmeno chi lo aveva
tanto amato. Se ne andò un giorno e, durante il cammino, costeggiando il fiume,
buttò nel canneto il suo flauto, proprio per spezzare qualsiasi legame d’amore
filiale. Ora gustava, finalmente, il sapore della libertà tanto anelata. Quel
flauto si senti nuovamente trafiggere il cuore. Giacque, abbandonato, sulla
riva del suo fiume, vicino al suo canneto: quel posto era come se gli appartenesse,
lo conosceva bene.
In un paese estraneo, invece, quel giovane sperperò
tutti i suoi averi e visse in modo disordinato e senza scrupoli. Perse la sua
dignità di uomo e di artista e fu costretto, a causa della miseria incombente, ad
elemosinare ma la gente non lo prendeva sul serio e lo insultava. Si nutriva di
rifiuti, di scarti e si dissetava con l’acqua fangosa delle pozzanghere.
Provava tanta vergogna per il suo deplorevole stato. Le vesti lacere, privo
di sandali, sudicio e nostalgico della casa paterna, pensò allora di riprendere
quella strada già percorsa un tempo. Camminava triste, con la testa bassa,
affranto e distrutto dal suo male che lo aveva ridotto così miseramente.
C’era, però, chi da sempre attendeva il suo ritorno:
un padre buono che non disperava mai di rivederlo. Ogni giorno saliva sulla
collina e spiava come sentinella attenta e fedele. Il suo sguardo si spingeva
oltre, e un dì lo intravide quand’era
ancora lontano. Subito lasciò il suo posto di guardia e corse incontro al
figlio, con il cuore in gola.
Intanto il misero, stanco e stremato, si trascinava con
passo incerto e pesante. Costeggiando il fiume si ricordò del suo flauto che
aveva buttato via. Si mise a cercarlo e lo trovò immerso nella melma delle
acque. Improvvisamente si sentì diverso: quel flauto gli aveva restituito la
sua vera libertà di figlio. Non appena vide il padre venirgli incontro, come segno
di pentimento e di amore portò alle labbra il flauto e incominciò a suonare.
Quella canna abbandonata e ritrovata, si riempì di
musica e diventò il soffio di una nuova melodia.
Ricorda
:
Puoi diventare, anche tu,
come un piccolo flauto di
canna
che si riempie di musica.
Il soffio della nuova
melodia
nasce nel tuo cuore,
dove il tuo vissuto non si
perde
nella routine del quotidiano
e non cade nella rete
dell’abitudine e del banale.
Esso diventa un fatto
straordinario
nell’ordinario.
Un cuore giovane
oltrepassa i ritmi monotoni
della vita di ogni giorno
e si colora d’amore in ogni
gesto, parola,
dono offerti agli altri e
per gli altri.
Allora, dài, prova a
soffiare
nel tuo flauto interiore:
sei tu che moduli la sua
melodia!
Inco
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