Altre sono le
domande che scaturiscono dalla frase “Chi
crederà e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non crederà sarà
condannato”. La prima domanda che mi pongo è: sarà salvato solo “Chi crederà e sarà stato battezzato”.
Qual è la sorte per chi non è stato battezzato? Nulla viene detto nella frase
di Marco.
Non oso rispondere
a questa domanda, posso solo fantasticare ipotesi. Come riconosco di non essere
in grado di rispondere alla domanda successiva che collego strettamente alla
precedente. Mi chiedo: quando avviene che al corpo umano viene associata
l’anima? Avviene al momento del concepimento, quando il gamete maschio, lo
spermatozoo, penetra il gamete femmina, l’ovocita e lo feconda riunendo i
singoli cromosomi che i due gameti posseggono e formando uno zigote, l’unità
biologica che già possiede il dna del futuro essere umano? Hanno quindi un’anima
gli embrioni criocongelati?
Oppure avviene al
momento del battesimo, quasi che, prima di esso, l’uomo non si differenzia dal
resto degli esseri viventi se non per le eccezionali facoltà umane di cui il
creatore lo ha donato, solo potenziali al momento del concepimento? Non ritengo
che se fosse vera questa seconda ipotesi ciò giustificherebbe l’aborto perché a
quel grumo di vita umana, ancora senz’anima, con l’aborto negheremmo la
possibilità di averla diventando figlio di Dio.
Ho letto che San
Tommaso sosteneva che l’anima entrava nel corpo dopo qualche tempo dal
concepimento, quando il corpo si fosse formato. Parlava di virtus vegetativa dell’anima in corrispondenza dell’embrione, di virtus sensibile quando i sensi sono
formati, e finalmente di virtus razionale dell’anima, quando tutto il
corpo è completo.
Comunque sia, supponendo
che l’anima si formi solo al momento del battesimo si potrebbe dare una
risposta razionale alla prima domanda che mi ero posto e che riformulo così:
che fine fanno gli esseri umani che non hanno conosciuto Cristo o, conoscendolo
da adulti (intendo ad esempio i fedeli di altre religioni), non hanno inteso
essere battezzati?
Proviamo a
ipotizzare una risposta, consapevoli di poter scivolare in un'eresia. Non
avendo un’anima vivrebbero e morrebbero come ogni altro essere vivente e di
essi non resterebbe traccia a differenza di chi possiede un’anima perché
battezzato assicurandosi la “vita eterna”, anche se non ci è stato rivelato in
che cosa essa consista. Costui, se muore in grazia di Dio, si assicura il
luogo, che preferisco chiamare “condizione”,
che indichiamo con il termine “Paradiso”,
mentre se muore, ma non si è pentito, vivrà in eterno la “condizione” della privazione di Dio, quella che indichiamo con il
termine “Inferno”. Una condizione
dolorosa come quella del fuoco di cui Gesù ha parlato.
Che fine farebbero
gli altri? Che senso avrebbe, senza aver colpa, far percepire l’assenza di Dio,
l’Inferno, a chi non ha conosciuto o non ha voluto conoscere Cristo? Penso a
chi è nato prima di Cristo o ai tanti che hanno vissuto o vivono tuttora in
zone dove Cristo non è arrivato.
Salvatore
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