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martedì 21 febbraio 2017

Il Credo




Introduzione

Devo scrivere una breve nota sull’origine del Simbolo degli Apostoli e sulle motivazioni che mi hanno spinto a mettere per iscritto quello in cui credo.

Articolo 1

Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.

La prima domanda che mi pongo è la più importante e la più difficile. Davvero credo in Dio? E cosa significa credere in Dio? Ma prima di rispondere a queste domande, ad un certo punto della mia vita, me ne sono posta un’altra, ancora più inquietante: perché credo in Dio?
Per rispondere onestamente a me stesso ho dovuto ricorrere alla mia formazione culturale, alla mia laurea in fisica, in altre parole alla mia ragione. E’ grazie alle conoscenze sull’origine dell’universo acquisite dopo la seconda guerra mondiale e culminate con la  teoria del Big Bang di Georges Lemaître (1949) che ha avuto senso il pormi la domanda delle domande: come è stato possibile, dal nulla, originare qualcosa di concreto (“sicchè dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile”, Lettera agli Ebrei, 11,3), qualcosa che espandendosi ha prodotto quello che oggi conosciamo come universo? Come tutto ciò si sarebbe potuto generare se non ci fosse stato Qualcuno che lo ha voluto e saputo fare, e che perciò viene definito “Onnipotente”? Gli scienziati atei credono nel big bang ma non si pongono la domanda di chi lo ha causato. Non sanno la risposta e, consapevoli di ciò, trovano opportuno non porsela nemmeno.

Avere fede in Dio, è questa la mia personale conclusione, significa credere che c’è Qualcuno che non posso vedere con gli occhi né di cui posso immaginarne con la mente la natura, Qualcuno che “in principio”, quindici miliardi di anni fa, ha prodotto l’Universo creando il cielo e la terra.
All’obiezione, che tante volte ho fatto mia, che non si può credere in Qualcuno se non lo si può “vedere” ho risposto da tempo con la metafora dell’orma che guardo sulla sabbia: non ho visto, né vedrò mai chi l’ha lasciata ma so, “ho fede”, che qualcuno da lì è passato e l’ha lasciata. Ecco perché credo in Dio. L’orma di Dio è in tutto quello che mi circonda, nelle galassie lontane e nello spettacolare groviglio di atomi che forma il mio cervello e mi consente di partorire pensieri, di provare emozioni. E’ osservando tutto questo che giungo alla stessa conclusione dell’orma sulla sabbia: c’è stato qualcuno che ha creato tutto ciò, e perciò stesso è Onnipotente, e continua ad esserci. Non è materiale, come lo intendiamo noi esseri materiali. E’ tuttavia reale, in una dimensione che non è quella spaziotemporale da Lui creata quindici miliardi di anni fa, ma che un giorno raggiungeremo quando lasceremo la nostra natura in quattro dimensioni conservando quella, altrettanto reale anche se invisibile, che chiamiamo la nostra anima.
Questo Qualcuno, che noi chiamiamo Dio, coniugando il nome divus, "splendente", e dies, "giorno", è lo stesso YHWH del tetragramma biblico che gli ebrei si sono sempre rifiutati di profferire ritenendolo troppo sacro per essere pronunciato. Qualcuno che “creò il cielo e la terra” (Genesi, 1,1) e, come Creatore, è anche “padre” che ama la sua creatura, il creato, al quale ha attribuito tutte le leggi fisiche che lo governano. Sono loro le responsabili della successiva evoluzione, dagli atomi scaturiti dal big bang al loro accorpamento in cellule, poi in strutture più complesse che nei successivi milioni di anni si riunirono fino a formare stelle, pianeti, comete.
In un tempo successivo alcune strutture elementari, che la Bibbia chiama “polvere”, ebbero la facoltà di unirsi e di produrre vita sviluppando, tra i tanti esseri viventi, quell’essere straordinario formato da cellule messe assieme in modo tale da essere in grado di pensare, esprimere con la parola i propri pensieri, gioire della luce dell’alba, della lettura di un verso, dell’ascolto di una musica, di ammirare l’infinito, di innamorarsi, di creare altra vita. Un essere che il Creatore chiamò Uomo e che ha voluto “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1:26-27) perché accanto ad una parte materiale, il corpo come tutti gli altri animali, versò con il suo soffio anche una qualcosa di immateriale, l’anima o lo spirito che dir si voglia. E’ in questa parte che posso identificare l’immagine e la somiglianza con Dio che “è spirito” e come spirito esiste senza corpo, così come esisteremo noi quando lasceremo il nostro.
Più difficile è comprendere il perché Dio ha voluto creare il cielo e la terra e, come recita il Credo di Nicea-Costantinopoli, “tutte le cose visibili e invisibili”. Ed è qui che dobbiamo essere umili e affidarci alla Tradizione e ai Padri della Chiesa trovando in essi le sole risposte convincenti. Dio ha creato tutte le cose, “non per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla” (San Bonaventura), e ha creato l’Uomo per amore e bontà “aperta la mano dalla chiave dell’amore, le creature vennero alla luce” (San Tommaso d’Aquino).
Nel leggere la Bibbia, parola di Dio incarnata, bisognerebbe sempre pensare che il suo linguaggio è figlio delle conoscenze che gli uomini che la scrissero, e anche quelli che redassero il Credo, avevano all’epoca in cui lo fecero. A quel tempo non si conoscevano le galassie né si sapeva che c’erano stelle e pianeti, né che c’erano i buchi neri. Allora per indicare cosa Dio aveva creato si usò l’espressione che comprendeva le conoscenze di allora e si scrisse “creatore del cielo e della terra”, per indicare tutto ciò che esiste nell’universo. A questo proposito, tuttavia, è inevitabile riconoscere la profondità di certe parole e di certe espressioni, cosa che ci porta a “credere” in qualcosa che chi non crede non può accettare. Credere cioè nell’ispirazione divina, un’altra cosa invisibile, immateriale, che ha agito, nel caso specifico, nell’allineare quelle parole, cielo e terra. Il cielo, lo abbiamo scoperto da poche centinaia di anni, in realtà non esiste. Quello che ammiriamo e che ci fa dire con il poeta “e naufragar m’è dolce in questo mare” è ciò che vediamo dell’insieme di pianeti, stelle e galassie, ma senza alcun tendaggio che fa loro da sfondo, celeste di giorno, nero di notte e che in passato abbiamo chiamato “cielo”. Mi piace pensare che tutto questo insieme di oggetti, l’universo scaturito dal big bang, sia invece racchiuso nella parola “terra”. Il “cielo” è invece l’altrove, il luogo, in una dimensione diversa da quella spaziotemporale in cui siamo immersi finchè viviamo su questa Terra, in cui si trovano le creature spirituali. Il luogo dove Dio, puro spirito, risiede e che invochiamo nella preghiera delle preghiere “Padre nostro che sei nei cieli”.
                                                               Salvatore

1 commenti:

Unknown ha detto...

Parto dall'analisi di 4a dimensione nel mio ragionamento, ovvero il tempo, ed il primissimo collegamento che mi viene è: il tempo si può solo contare o misurare con un'unità decisa dall'uomo, però se pensiamo ch'é infinito non diventa più misurabile(l'uomo uomo ha una vita limitata, quindi NON infinita!) ed allora il secondo collegamento che mi viene é: se non è alla mia portata non posso comprenderlo BENE ? quindi deve esistere una 4a dimensione di cui percepisco limitatamente la presenza ma non appartiene alla mia vita terrena !!! non è lo stesso per i sentimenti, l'amore, l'odio, la gioia, la percezione di un "qualcosa" sopra l'uomo ????????? in DIO non c'è la percezione del tempo(4a dimensione!) quindi come posso pensare d'incontrarlo con il ragionamento ??? posso solo per FEDE accettare che esiste anche non potendolo ridurre alle sole 3dimensioni percepibili dall'uomo uomo, e sperare semplicemente d'assaporarne i benefici come accade con tanti dei sentimenti che costellano la nostra vita terrena, che NON sappiamo spiegare ma che CI SONO.

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