Scendevo
la collinetta verde e lo facevo con passi svelti e molto attenti a ricordare
quanto mi era stato detto dal mio amico contadino sulle varie presenze di
guerrieri impastati con il terreno che calpestavo, quando mi apparve, vicino al
sentiero, una casa in pietra, diroccata.
Chiesi,
all’amico che mi accompagnava, a chi appartenesse quel costrutto fatiscente. Mi
rispose, con un bel sorriso, che era stata la dimora di un ricco signore il quale aveva speso parte del suo patrimonio
per fabbricarsi una casa grandiosa, che si affacciava sulla spianata
sottostante. La costruì per regalare ai suoi posteri un palazzo di grande prestigio.
Ma
accadde che un giorno morì d’improvviso, a cagione di un male misterioso.
Incominciò a correre la diceria che quelle pietre portavano un terribile
segreto perché quel caseggiato si era
degradato in pochissimo tempo. Infatti ne restava solamente lo scheletro che il
tempo aveva lentamente consumato, fino a renderlo dimora di uccellacci e bestie selvatiche.
Mi
apparve subito chiara la visione
dell’uomo, che ha progetti meravigliosi, ma finiscono tutti in rovina,
se non sono continuamente curati. La vita stessa di quel signore era diventata
un ammasso di pietre, senza alcun valore e bellezza. Avevo, davanti ai miei
occhi, la precarietà delle cose che mi circondavano: sotto i miei piedi
l’impasto di tanti corpi, davanti agli occhi l’inconsistenza dei progetti
umani. Sentii un cupo vento di morte. Ma subito mi rallegrò il cielo stellato.
Lassù non c’erano catapecchie e questo glielo comunicai al mio amico
accompagnatore. Mi guardò a lungo e mi disse
con voce roca:
« Da bambino mia nonna mi ha
insegnato a vivere in ogni luogo con la sapienza di chi è, in questo mondo,
di passaggio, verso una città non fatta di pietre che, col tempo, diventano,
premesse di catapecchie ».
Quella
riflessione mi diede tanta aria di cielo. Vidi in quella casa diroccata il
progetto di chi non aveva letto la realtà nella sua completezza.
E
quel mucchio di sassi mi apparve interessante.
Lorenzo