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giovedì 11 settembre 2014

Vademecum - Datura


DATURA

« siamo il simbolo

della docilità »


Autunno: stagione fantasiosa, ricca di colori, di foglie variopinte che abbelliscono gli alberi e adornano le siepi. Anche le pianure e le valli si preparano a rivestire tonalità diverse di verde.
L’autunno è anche il tempo dei pascoli. Dalla mia finestra osservo un gregge che si avvia verso un campo erboso. Le pecore seguono docilmente il cane pastore, facendo tintinnare i campanelli appesi al collo. Dietro di loro avanza, baldanzosa, una capretta che ignora il senso dell’ordine e della disciplina: si muove a suo piacimento. Chiude la fila un anziano pastore, appoggiato al suo bastone nodoso. Cammina fischiettando un vecchio motivo. È felice.

Il gregge si ferma nella radura. Le pecore, tranquille, brucano l’erba fresca, sotto lo sguardo vigile e attento del cane fedele, mentre il pastore si sdraia, spensierato, all’ombra di un faggio. E la capra ? Scorribanda qua e là inseguendo le pecore e cercando mille pretesti per disturbare il loro pasto e la loro quiete.
All’improvviso prende la rincorsa e spicca un salto in groppa ad una di esse, non certo per fare l’equilibrista, ma per cibarsi delle foglie della datura sanguinea, un arbusto perenne sempreverde, i cui rami sono ricchi di midollo. Le sue foglie, invece, sono vellutate e i fiori penduli, a mo’ di campanelli.
La malcapitata pecorella lamenta l’ invasione: « Ahi, che male, ma che modi selvaggi son questi ? ». L’intrusa non l’ascolta nemmeno e strappa e divora le foglioline della pianta, borbottando, sottovoce, parole incomprensibili che conosce solo lei e, quando la pecora stanca del suo peso e impedita di brucare l’erba tenta di scrollarsela di dosso, essa le morde un orecchio per vendicarsi. Continua il suo pasto, vorace, ed ora punta ai teneri fiori che, docilmente, accettano di lasciarsi fagocitare da quell’ animale rozzo ma, non appena ne sfiora uno, tutti si mettono a scampanellare all’unisono.
A quel suono, tutto il gregge si muove, facendo squillare i tanti campanelli, mentre il cane accorre digrignando i denti. Sopraggiunge anche il pastore che ,intima all’indocile  bestiola, di arrendersi. Confusa e umiliata essa si lascia legare all’arbusto della datura, ma i fiorellini intercedono per lei:
« Noi siamo il simbolo della docilità. La nostra forma, simile a una campana, è come l’eco della voce del cielo che chiama all’obbedienza. Pensiamo noi ad insegnarle la virtù dell’arrendevolezza ».
     Quando il gregge abbandona la valle, quella capretta cammina con compostezza accanto al pastore, dietro alle pecore, felice di aver iniziato a fare l’esperienza della sottomissione.
                                                                                   Inco

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