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sabato 13 settembre 2014

Perdono




PERDONO

… « il perdono aveva

annientato l’odio »

 

E’ una rigida giornata invernale: fa molto freddo, ma mi sento protetto dal mio caldo cappotto color grigio perla.
Percorro la strada che porta ad una vecchia prigione ma, nel camminare, il mio piede inciampa contro un sasso consistente. Lo raccolgo e noto una scritta:
 Avevo una pietra per te, fratello ! .

Cosa può mai significare ?   E’ la stessa pietra che mi racconta cos’è accaduto alcuni anni fa, riportando le parole di una persona la cui storia è legata ad esse. 
« Avevo una pietra per te, fratello! Ne avevo conservata una abbastanza grossa ed ero pronto a scagliartela non appena mi fosse offerta l’occasione di farlo. In carcere vivevo solo per quest’attesa. La conservavo accuratamente nella tasca del mio cappotto color grigio perla: era proprio destinata a te. Portava il tuo nome.
Quanto male mi hai fatto! Sono stato condannato da innocente per un furto mai commesso. Ero in catene mentre i tuoi piedi, liberamente, si muovevano in mezzo alla gente. camminavi con altezzosità e spavalderia, continuando a colpirmi ancora alle spalle, con parole cariche di menzogna. Quanto ti ho odiato, giurando a me stesso di vendicarmi!
Sono trascorsi alcuni anni, poi la verità è venuta a galla. Ho lasciato la prigione e tu avevi preso il mio posto: proprio quello che toccava a te. Quando ci siamo incontrati: io, che uscivo libero con la mia pietra, e tu ammanettato,  ho capito che era giunto il momento propizio per restituirti il tiro, sognato da tempo. Ora non potevi più farmi del male: eri prigioniero.
Allora, con soddisfazione, ho tirato fuori quel sasso così ben custodito e lucidato, ho preso bene la mira, onde non sbagliare direzione, ti ho guardato negli occhi e stavo per scagliartelo, quando ho avvertito una cosa strana alla mano. Era come bloccata, impedita di muoversi. Cosa mi stava succedendo ? La pietra si rifiutata di essere scagliata verso quel bersaglio , da tempo oggetto delle mie ire. E mi diceva di non restituire il male con il male ma con il bene.
Eppure tu eri là, ancora di fronte a me e vedevo i tuoi occhi supplichevoli che mi imploravano pietà. Mi scrutavano nell’intimo, mi parlavano in silenzio, mi interrogavano, mi inquietavano mentre enumeravano quelle mie colpe che giustificavo: il mio odio, la mia voglia di vendetta e di morte.
Non ho avuto più il coraggio di fissare il tuo sguardo, di farti del male. Avevo preso, senza volerlo, il tuo posto e mi sentivo di nuovo prigioniero, dentro. Allora ho lasciato cadere quel peso che mi ero portato dietro, da tempo.
Poi mi sono allontanato, pensieroso, dopo che la porta del carcere si è chiusa dietro di te, e ho ripreso il cammino verso la libertà, tirando un calcio a quel grosso sasso, facendolo rotolare lontano.
Lo sguardo di quell’uomo, però, continuava a fissami, era impresso nella mia mente. Udivo sulla strada, ora, il suono dei miei passi e una voce nel cuore che mi parlava di perdono. Strano,  sentivo una nuova vita dentro di me. Il carcere ingiusto, così tanto sofferto, e lo sguardo smarrito di quel condannato mi avevano ridonato una libertà impagabile: il perdono aveva annientato l’odio. Solo adesso ero veramente libero ». 
Chissà perché, istintivamente, metto la mano nella tasca del mio cappotto e guarda caso è    dello stesso colore di quello della persona del racconto. Manca però la pietra. Essa diventa un simbolo, un monito per esortarmi alla misericordia.
 
                                                             Inco
 
 

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