PERDONO
… « il perdono aveva
annientato l’odio »
E’ una rigida
giornata invernale: fa molto freddo, ma mi sento protetto dal mio caldo cappotto
color grigio perla.
Percorro la
strada che porta ad una vecchia prigione ma, nel camminare, il mio piede inciampa
contro un sasso consistente. Lo raccolgo e noto una scritta:
Avevo una pietra per te, fratello !
.
Cosa può mai
significare ? E’ la stessa pietra che
mi racconta cos’è accaduto alcuni anni fa, riportando le parole di una persona
la cui storia è legata ad esse.
« Avevo una
pietra per te, fratello! Ne avevo conservata una abbastanza grossa ed ero
pronto a scagliartela non appena mi fosse offerta l’occasione di farlo. In
carcere vivevo solo per quest’attesa. La conservavo accuratamente nella tasca
del mio cappotto color grigio perla: era proprio destinata a te. Portava il tuo
nome.
Quanto male mi
hai fatto! Sono stato condannato da innocente per un furto mai commesso. Ero in
catene mentre i tuoi piedi, liberamente, si muovevano in mezzo alla gente. camminavi
con altezzosità e spavalderia, continuando a colpirmi ancora alle spalle, con
parole cariche di menzogna. Quanto ti ho odiato, giurando a me stesso di
vendicarmi!
Sono trascorsi
alcuni anni, poi la verità è venuta a galla. Ho lasciato la prigione e tu avevi
preso il mio posto: proprio quello che toccava a te. Quando ci siamo
incontrati: io, che uscivo libero con la mia pietra, e tu ammanettato, ho capito che era giunto il momento propizio
per restituirti il tiro, sognato da tempo. Ora non potevi più farmi del male:
eri prigioniero.
Allora, con
soddisfazione, ho tirato fuori quel sasso così ben custodito e lucidato, ho preso
bene la mira, onde non sbagliare direzione, ti ho guardato negli occhi e stavo
per scagliartelo, quando ho avvertito una cosa strana alla mano. Era come
bloccata, impedita di muoversi. Cosa mi stava succedendo ? La pietra si
rifiutata di essere scagliata verso quel bersaglio , da tempo oggetto delle mie
ire. E mi diceva di non restituire il male con il male ma con il bene.
Eppure tu eri
là, ancora di fronte a me e vedevo i tuoi occhi supplichevoli che mi imploravano
pietà. Mi scrutavano nell’intimo, mi parlavano in silenzio, mi interrogavano,
mi inquietavano mentre enumeravano quelle mie colpe che giustificavo: il mio
odio, la mia voglia di vendetta e di morte.
Non ho avuto più
il coraggio di fissare il tuo sguardo, di farti del male. Avevo preso, senza
volerlo, il tuo posto e mi sentivo di nuovo prigioniero, dentro. Allora ho
lasciato cadere quel peso che mi ero portato dietro, da tempo.
Poi mi sono
allontanato, pensieroso, dopo che la porta del carcere si è chiusa dietro di
te, e ho ripreso il cammino verso la libertà, tirando un calcio a quel grosso
sasso, facendolo rotolare lontano.
Lo sguardo di
quell’uomo, però, continuava a fissami, era impresso nella mia mente. Udivo
sulla strada, ora, il suono dei miei passi e una voce nel cuore che mi parlava
di perdono. Strano, sentivo una nuova
vita dentro di me. Il carcere ingiusto, così tanto sofferto, e lo sguardo
smarrito di quel condannato mi avevano ridonato una libertà impagabile: il
perdono aveva annientato l’odio. Solo adesso ero veramente libero ».
Chissà perché,
istintivamente, metto la mano nella tasca del mio cappotto e guarda caso è dello stesso colore di quello della persona
del racconto. Manca però la pietra. Essa diventa un simbolo, un monito per
esortarmi alla misericordia.
Inco
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