Una sera, un piccolo ragnetto pensò a
lungo come costruire una tela, in un punto oscuro.
La tessitura durò tre notti e la cosa più
bella furono le attaccature agli angoli del soffitto. Era una ragnatela
perfetta, tessuta con tanti fili che la rendevano stupenda a vedersi.
L’ingegnoso animaletto voleva solo accalappiare insetti, di cui si sarebbe
saziato. Contemplava il suo lavoro con soddisfazione, soprattutto visto alla
luce del sole che si rifletteva nella sua perfetta forma di inquadramento.
Pensò all’efficacia della sua fattura. Era orgoglioso ogni qualvolta un insetto
s’incagliava in quegli armoniosi e intrigati fili che egli aveva accuratamente
tessuti.
Ma ogni opera delle creature ha un termine d’inizio e di finitura.
Un pomeriggio, il ragno sentì un rumore
assordante. Un calabrone inseguiva una sua preda e, senza fare molta attenzione,
incappò in quella meravigliosa tessitura che aleggiava tra le pareti del
soffitto e, con il suo volo impetuoso, sgarrò la tenue ragnatela, rovinando
quell’opera che tanto era costata al ragnetto. Tutti i suoi sogni svanirono e
restò solo la fragilità di quel lavoro che appariva in tutta la sua estrema
debolezza.
Il piccolo animale pensò di quanta
inconsistenza fossero le opere
di questo mondo, tanto più belle erano, quanto più apparivano precarie e fragili. Si chiese fino a che punto serve la
bellezza se poi finisce come tutte le cose che chiamiamo bruttezza.
Il ragno si addormentò in quello spiraglio
così triste a vedersi.
Lorenzo