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martedì 17 aprile 2018

Il segreto del cigno nero



L’ultima fessura di luce
sta per chiudersi nel cielo:
il sole è appena tramontato.
Il lago assume, lentamente,
il colore nero della sera.
Una brezza leggera si alza
ed increspa le acque.
Il cigno nero si porta,
con leggerezza e con grazia,
verso una barca a vela
abbandonata sulla riva.
Stringe nel becco un pesce
sottratto alla laguna.
Una papera curiosa
a distanza lo segue,
attratta dal suo segreto.
Ora emette un verso.
Segue quello d’un gabbiano
che geme tristemente.
Il cigno gli è vicino
e raccoglie nel suo cuore
una nostalgia di voli,
di cielo, di acque vagabonde.
Gli dice, rincuorandolo:
« Piccolo amico mio,
presto ritornerai lassù,
sì, tornerai a volare
nello spazio immenso
del cielo infinito! ».


Desiderio di volare
Forse si era avvicinato tanto all’elica di una barca di pescatori, tuffandosi per catturare un pesce strano: rimase ferito ad un’ala.
Il giorno volgeva ormai al tramonto. Con voli bassi, il giovane gabbiano si spinse verso una vela in disuso, affidata alla mercé dell’acqua e del vento. La ferita gli causava dolore. Poco dopo passò di là il cigno nero, dirigendosi verso il punto da dove provenivano tristi lamenti. Vide il gabbiano e si prese cura di lui con il cibo che pescava e confortandolo. Viveva la vita dolorante del suo piccolo amico che sognava i suoi splendidi voli e la frescura delle acque, per rinvigorire le sue ali.
Un bel mattino, allo spuntar dell’alba, sentì il desiderio di volare... Si lanciò nell’aria, salendo sempre più in alto. Trascorse quel giorno, felice.
Giunta l’ora del tramonto il cigno fece ritorno dall’amico con un pesce, com’era solito fare. Lo cercò ma non lo trovò. Poi il suo sguardo si spinse verso l’orizzonte, e vide, con stupore, il gabbiano che volava davanti al sole, accompagnandolo nella sua discesa al lago. E il cigno nero seguiva il suo volo stupendo, lassù, in quel cielo dipinto di rosso.


Mi cerchi, Signore, in me
e con cura e amore
segui ogni mio passo.
Mi trovi, poi, dove mi lasci,
caduto per mia debolezza:
impaurito e stanco.
Ti avvicini al mio cuore
che geme in silenzio,
anelando quel Cielo
dove ritrovare la vita.
Nelle feritoie strette
delle prove nel buio
quando, imprigionato,
solo in me stesso
inseguo nostalgie
di vera libertà.
Ti chiamo come ora
e Tu sei presente,
Gesù e mi accerti
la gioia di volare
nuovamente in alto,
toccando nell’anima
la vetta del tuo Cielo.
                                   Incoronata

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