Pages

mercoledì 22 novembre 2017

Il Credo … discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte…



“Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede”. (Paolo, Lettera ai Corinzi, 14).


Se possiamo, anche con la ragione, credere all’esistenza di un Dio, di un creatore di tutto il visibile, è il quinto articolo del Credo che ci fornisce l’argomento senza il quale non potremmo essere cristiani, credendo in Cristo Gesù. E’ la sua Resurrezione che caratterizza il Cristianesimo. Senza di quella Dio sarebbe il Creatore e Gesù uno dei tanti predicatori di cose buone e giuste ma con l’aggravante di averci ingannato facendoci credere di essere Dio. Noi uomini moriremmo senza futuro, cesseremmo di esistere come un qualsiasi altro animale, non ci sarebbe giustizia divina, tutti i nostri sacrifici per aver condotto una vita buona e santa in ossequio ai comandamenti divini, tutta fatica sprecata davanti al nulla. Trionferebbe il sorriso beffardo di chi ha vissuto la vita in modo egoistico prendendosi gioco di noi sciocchi credenti.

E’ invece la sua resurrezione a capovolgere e darci gloriosa certezza e beata speranza: la nostra fede è genuina, il perdono dei peccati assicurato, il futuro, la vita eterna sono certi.


Ma la resurrezione dell’uomo Gesù è avvenuta dopo la sua morte, morte vera e sepoltura vera come enuncia il “discese agli inferi” del quinto articolo del Credo. Discesa che non rappresenta però un viaggio nell’aldilà come immaginò di fare Dante o come Virgilio raccontò nel sesto libro dell’Eneide con la Sibilla che porta Enea nell'antro che conduce all'Ade. Il “discese agli inferi” rappresenta la morte dell’uomo ma anche il silenzio di Dio che segue la drammatica preghiera di Gesù in croce: ”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15,34). Preghiera che si trasforma nei nostri quotidiani interrogativi: “perché?”, “dove sei?” di fronte alle tragedie umane che ci colpiscono e che ci fanno avvertire solitudine e abbandono come bambini al buio da soli e che fecero dire a Joseph Conrad (in Cuore di tenebra): “Si vive come si sogna. Soli”.

Basta però la mano di mamma che al buio stringe la nostra per far passare il terrore.

Discese agli inferi” significa quindi che l’uomo Gesù ha realmente sentito, come uomo, la solitudine e l’abbandono, ha realmente vissuto la morte, varcandone la soglia. Intuiamo allora che l’inferno non è un luogo fisico ma una condizione dell’anima, l’assenza della mano di Dio che ci prende e ci “risuscita”, l’amore che trionfa sulla morte.

E’ vero, noi possiamo continuare, per un certo tempo, a vivere in chi abbiamo generato, nel ricordo di ciò che abbiamo creato, ma lo facciamo come ombre, le ombre dell’Ade virgiliana. La resurrezione è ben altro, tocca personalmente la nostra anima non il ricordo più o meno lungo di ciò che lasciamo, non è un fatto biologico ma una “vita nuova” che Paolo intravvede perché la resurrezione di Cristo è la nostra vita, se egli è risorto anche noi risorgeremo: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Giovanni 11,25).


La domanda che a questo punto ci poniamo è: come possiamo, ragionevolmente, credere che “il terzo giorno risuscitò da morte” e che “… dalle tenebre/La diva spoglia uscita,/Mise il possente anelito/Della seconda vita” (Manzoni, “La Pentecoste”)?

Nessuno assistette all’evento del risorgere di Gesù. Dobbiamo fidarci della testimonianza di coloro che, “assai di buon’ora”, quella domenica mattina, andarono al sepolcro e vi giunsero “essendo sorto il sole” (Marco 16,2). Trovarono la tomba vuota, malgrado Pilato avesse fatto mettere il sigillo e comandato ai soldati di custodirla per tre giorni temendo che i suoi discepoli trafugassero la salma, perché Egli aveva predetto che sarebbe risorto il terzo giorno.

Dobbiamo fidarci delle testimonianze dei tanti, oltre cinquecento, che lo “videro” dopo la sua morte fisica, e la cui testimonianza è raccontata nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli?

Tutto ciò dovrebbe bastare. Ma c’è una prova che possiamo vedere anche oggi e che, nella sua straordinaria concretezza, può aiutarci a convincerci che quell’evento straordinario è realmente avvenuto: la Sacra Sindone.


Non sappiamo, e forse non sapremo mai con certezza, se il telo di lino di probabile origine indiana che chiamiamo Sacra Sindone (Sindone deriva da Sindia o Sindien, termini con i quali si indicavano i tessuti provenienti dall’India indossati all’epoca dai grandi sacerdoti) sia effettivamente il lenzuolo che ha avvolto Gesù Cristo dopo la sua crocifissione.

Ma due cose sappiamo con certezza. Che i segni lasciati su quel telo, in particolare le macchie di sangue e di siero, non sono opera dell’uomo, malgrado qualcuno sostenga che possano essere opera di un “abile artigiano”, talmente abile che finora non si è riusciti a riprodurli completamente.

Ancora più significativa e profonda la seconda certezza: quei segni, tutti quei segni, qualunque ne sia la loro origine, sono la puntuale e completa testimonianza, e conferma, della narrazione evangelica della passione e resurrezione di Gesù Cristo, narrazione che assume così carattere storico.

Come ha detto Benedetto XVI sostando commosso davanti alla tela, sono "icona del Sabato Santo" che è "giorno del nascondimento di Dio", ma anche giorno in cui "proprio dalla morte del Figlio di Dio è spuntata la luce di una speranza nuova, la luce della Resurrezione".

Gli studi fatti con le tecniche più sofisticate oggi disponibili confermano che quel lenzuolo (442 cm di lunghezza per 113 di larghezza) ha avvolto il cadavere di un uomo crocefisso dai romani nel primo secolo e i segni che quel corpo ha lasciato sul telo sono la testimonianza tangibile, nei minimi dettagli, della Passione di Gesù come descritta nei vangeli, sono la testimonianza tangibile di quanto grande può essere la crudeltà umana.

L’esame ematologico del sangue del costato destro dimostra trattarsi di sangue morto, separato dal siero. Al contrario di quello su fronte, polso, nuca e piedi che è “vivo”. Il sangue è di tipo AB come quello del miracolo eucaristico di Lanciano e del Santo Sudario custodito ad Oviedo.

Mancano sul telo i segni di putrefazione che normalmente si sviluppano dopo le 40 ore. Segno che, come raccontano i Vangeli, Gesù è rimasto nel sepolcro dalla sera di venerdì all’aurora della domenica, non più di 30-35 ore e che “…il terzo giorno risuscitò da morte, secondo le Scritture”, come recita il Credo di Nicea-Costantinopoli.

Rimane inesplicabile il modo con cui è finito il contatto tra il corpo e il lenzuolo che lo conteneva. Non c’è traccia alcuna, sulla tela, del movimento materiale che dovrebbe esserci stato se qualcuno avesse fisicamente rimosso e “portato via” il cadavere. Mancano infatti le inevitabili compressioni o striature, mancano alterazioni alle macchie di sangue preesistenti, come se il corpo avesse levitato e successivamente si fosse de-materializzato, non più soggetto alle leggi naturali.

I cristiani chiamano questo processo “risurrezione”. Nessuno dei coaguli di sangue, duri ma fragili ad uno spostamento, risulta spezzato e la loro forma, incollata al lino, è rimasta inalterata. Secondo le più recenti ricerche l’immagine si sarebbe creata a causa di radiazioni generatesi durante un processo di annichilazione materia-antimateria.

E’ questa la “mutazione evolutiva che “non rappresenterebbe più un gradino biologico, ma significherebbe il sottrarsi alla tirannia della vita biologica, che è al contempo signoria della morte; esso darebbe accesso a quella sfera che la Bibbia greca chiama “zo e”, ossia vita definitiva, la quale si è ormai lasciata alle spalle il dominio della morte” (Joseph Ratzinger, “Introduzione al Cristianesimo”, pag. 295).



Così, «la resurrezione» scrive Fabrice Hadjadj  «non è più solo il luogo della fede nella vita eterna, ma è anche la ragione per dare la vita temporale a dei piccoli mortali».

Il risorto ha insegnato nei quaranta giorni in cui è rimasto con i suoi discepoli «a non vedere più lui, ma a vedere ogni cosa in lui, e riconoscere la sua gloria ovunque affiori nel quotidiano».
                                                   Salvatore


0 commenti:

Posta un commento