« I
FRANGITEMPO»
La discesa era
interminabile, ma soprattutto monotona.
Il sentiero si snodava in un’
apparente curvatura di cui non ne vedevo la fine. Il cammino era interrotto da
una serie di casupole vuote che, a tratti intervallati, apparivano con le loro
sagome irregolari e talvolta sbilenche. Il contadino che mi affiancava parlava
continuamente della sua vita, di greggi e animali vari che avevano inturgidito
la sua storia di ricordi, a me poco interessanti.
Di colpo, come se
mi avesse letto nel pensiero mi disse: ׂ« Ti chiedi perché ci sono tutte queste
casupole e a che servono ? Questi noi li chiamiamo i “frangitempo” ».
Non riuscivo a
capire il vocabolo. Allora fu grande la mia meraviglia quando mi disse: « Li
chiamiamo in questo modo perché durante le nostre lunghe discese di rientro
interrompono il tempo e ci fanno capire quanto ancora ci manchi per arrivare
alla meta. Se tu noti bene, hanno dipinto un numero, che sta ad indicare la
distanza che ci separa dall’arrivo. Spezzano la monotonia del tempo del rientro
e rendono meno gravosa la discesa ».
Quella spiegazione
mi sembrò fantasiosa, ma mi portò, stranamente, nella mia vita, in cui mi
sentivo tediato dal rincorrersi delle stagioni, con il loro lento e prevedibile
tempo, in cui mi percepivo immerso come una foglia in mezzo a un rivolo
d’acqua. Quante volte desideravo ardentemente vivere l’imprevedibile, la
novità, il fatto che mi apparisse senza spiegazioni, ma interrompeva il flusso
monotono della storia, donandole novità e freschezza. Tutto questo, però, era
valido oppure apparteneva a quella naturale insoddisfazione umana, così
pressante e poco significativa, che ha bisogno di stacchi, di nuove suggestioni
per interrompere la noia del tempo? Ero trasportato, nelle mie riflessioni, in
zone di approfondimenti e di ragioni poco aderenti al momento e al luogo della
mia discesa campagnola.
Fu allora che mi
balenò l’immagine dell’eternità, come un susseguirsi di esperienze spirituali
dove non poteva esserci lo spazio per la noia. Essa era costellata, mi
immaginai, da infiniti “frangitempo” che interrompevano il flusso di un
susseguirsi di istanti, fastidiosamente ripetuti. Guardai con tenerezza quelle
casette e mi proposi di starmene quieto fino in fondo.
La mia fu una
discesa silenziosa. Stavo imparando ad apprezzare anche le cose di scarso
valore, come quelle casette.
Lorenzo
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