La
canzone
del vento
L’inverno
camminava a passo lento, trascinando il suo peso di brividi e di gelo e il
vento soffiava e fischiava, intonando la sua canzone ch’era come un mesto
lamento, unito a gemiti sommessi. Andava forte, narrando una storia carica di
amore e di tenerezza.
Ascolta la
melodia del suo canto!
« Era un giorno
particolare, diverso dal solito. Il cielo si presentava coperto di nubi
immacolate, soffici, compatte, ammantate di luce soffusa che avviluppava la
natura con i suoi bei paesaggi, donandole un tono di mistero. E la neve
scendeva dal cielo, silenziosa. I suoi fiocchi somigliavano a tante farfalline
bianche che si posavano ovunque, con volo leggero e delicato. Tutto era
innevato. Appariva ricoperto di candore anche un campo solitario con i suoi
alberi spogli, il quale ospitava un pupazzo di neve, con una bisaccia a
tracolla, ricolma di grani di mais. Aveva un aspetto buffo: due bottoni per
occhi, una carota per naso, un tracciato ridente per bocca. Portava un cappellino
nero sulla testa “per ripararsi dal freddo” e, al collo, una bella sciarpa di
lana, color rosso. Era di corporatura robusta, ben piantato!
L’avevano
modellato così, divertendosi tanto a tirargli palle di ghiaccio e, poi,
l’avevano abbandonato. Non capisco per quale motivo. Da allora, viveva in
attesa di qualcuno che si ricordasse di lui e che lo amasse, ma non udiva altro
che il mio continuo e mesto mormorio.
Proprio quel
giorno, verso il finire della fredda stagione, due cigni bianchi gli si avvicinarono,
deponendo dinanzi a lui un batuffolo di piume nere e fuggirono via di corsa.
Era un
piccolissimo cigno nero, nato da una recente covata e abbandonato dai due
genitori, perché brutto e diverso. L’omino di neve lo accolse con tenerezza,
memore del suo abbandono. Lo rincuorò e si prese cura di quel piccolo indifeso
e lo nutrì, amorevolmente, con i semi che portava nella sua bisaccia.
Il misero trovò
riparo nel cappello caldo del suo amico, e nella sua sciarpa di lana, con la
quale si avvolgeva, vincendo in tal modo il freddo pungente.
Passarono i
giorni e la primavera giunse con il suo
tepore. Il piccolo cigno prese vigore e iniziò a sognare un laghetto,
dove nuotare e tuffarsi con gioia.
Il pupazzo di
neve intuì il suo desiderio e mi pregò di scogliere il suo ghiaccio con il mio
alito. Allora sul mio pentagramma musicale composi calde note e soffiai
dolcemente. Pian piano vedevo che la neve dell’omino si scioglieva lentamente e
formava una ridente pozza d’acqua, ornata di fiori primaverili sbocciati
all’intorno. Piccoli rivoli d’acqua accorsero dalle vicine alture e formarono
con essa un minuto laghetto dove il cielo rifletteva il suo colore azzurro e il
sole lo abbelliva con i suoi riflessi luminosi.
Il cigno nero si
specchiò nell’acqua limpida e vide, per la prima volta, la sua immagine
riflessa: era bellissima! Scivolò poi,
con grazia ed eleganza, su quello specchio e vi si tuffò felice, cercando in
fondo a quelle acque, la presenza del suo amico e benefattore. Lo ritrovò in
quella fresca acqua che gorgheggiava di gioia semplice e carica di amore.
Ricorda:
quando
sei triste e solo
e
desideri tanto amore per te,
pensa
che, dimenticandoti di riceverlo,
potrai
donare il tuo a chi ne ha bisogno.
E
sarai felice.
Impara
ad avanzare nella virtù del dono.
Un
augurio affettuoso a te
per
questo Nuovo Anno
carico
di sorprese e ricco di speranza!
Inco
2 commenti:
Cari Lorenzo ed Inco, grazie per gli auguri per l’inizio del nuovo anno, li contraccambio di cuore.
Tendo a non dare troppa importanza alle grandi ricorrenze, per me ogni giorno è un nuovo giorno, ogni risveglio al mattino è l’inizio di un periodo di lavoro, di attività.
Ma fa bene, ogni tanto, fermarsi a considerare, a “fare il punto della situazione”, a tirare un po’ le fila del passato, fermarsi a pensare su cosa è andato bene e cosa no, e, soprattutto, pensare a cosa fare per correggere gli errori commessi, per trovare nuove strade per non cascarci più.
Sono vecchio e penso ai nipoti, i figli ormai sono grandi, uomini maturi.
E, purtroppo, non posso non vedere le condizioni dell’eredità morale e materiale che lasciamo loro, non è affatto una bella eredità.
“pensare a cosa è andato e cosa no”, avevo scritto qualche rigo fa.
Ormai il “cosa no” è evidente a tutti, o almeno dovrebbe esserlo: è la mancanza di un senso di interesse comune, di rispetto per tutto il prossimo, non solo per la piccola casta che tutti noi tendiamo a crearci ed a difendere ignorando il resto degli uomini.
Poco fa dicevo anche “Cosa fare”, ricordo una frase di Giorgio Bocca, ex partigiano, morto qualche anno fa, aveva vissuto i peggiori anni del nostro recente passato.
Diceva:
“L’unica soluzione, forse, è di tipo religioso e morale, non di semplice razionalità.” (L’Espresso, 5 maggio 2011)
Occorre un ideale, un pensiero che vada a di sopra del nostro io, della nostra piccola casta.
Se si osserva quanto è accaduto a tanti ex cosiddetti potenti, in tutto il mondo, non si può che dar ragione a Bocca.
Ed allora il nostro vero lavoro, anche pratico, effettivo, faticoso, deve essere spargere questo concetto, diffonderlo in ogni occasione, con tutti.
Poi … c’è anche un cosa non fare: non continuare a lamentarsi, a vedere solo il brutto senza minimamente notare e cercare di fare qualcosa di buono, di parlarne, di proporlo.
Sono il primo a dire che è tutto difficile, che quasi mai mi riesce ma ….
In fin dei conti il brutto cignetto nero è diventato qualcosa di bello.
Condivido il pensiero di Marcello sul non doversi lamentare, i il cigno nero è bello se lo amiamo senza riserve. Al solito Inco e Lorenzo ci danno grandi esempi.
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