Credo nello Spirito Santo (in greco “Credo in Spirito Santo”, senza l’articolo determinativo, non terza
Persona divina bensì dono di Dio all’umanità). E’ questa la scarna frase che
troviamo nel Simbolo degli Apostoli e che ci
mette davanti a qualcosa di soprannaturale che non possiamo, e non dobbiamo,
cercare di comprendere con concetti puramente umani, stando bene attenti alle
parole che usiamo per cercare di esprimerne il significato. Succede sempre così
quando parliamo di soprannaturale. Quando parliamo di Dio, di Paradiso, di
Ascensione dobbiamo assolutamente evitare di parlarne rappresentandoli come un
vecchio dalla bianca barba, un luogo di felicità pieno di vegetazione
lussureggiante, paradiso terrestre, o come il salire di Cristo nel cielo
azzurro avvolto nelle nuvole.
Per questo, il mio personale modo per tentare di intuire più
che comprendere il concetto di Spirito Santo è, come negli altri casi, partire
dalla Bibbia, dalle parole umane lì usate e tentare di leggerle non con
significato umano, terrestre, ma come parole umane usate per rivelare il
soprannaturale.
E’ proprio nel primo versetto della Genesi che si parla di “Spirito”, senza spiegarlo, (“In principio Dio creò il cielo e
la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo
spirito di Dio aleggiava sulle acque”). Poco dopo (Gn 2,7), descrivendo la
creazione dell’essere umano, ecco la spiegazione: “Allora il Signore Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e
l’uomo divenne un essere vivente”. Lo Spirito di Dio è quindi il “soffio” che crea la vita. La parola
ebraica è “Ruah”, tradotta in greco
con “pneuma” e quindi “spirito”. Ruah Jhawe è lo Spirito di
Dio, il soffio, “l’alito di vita”
grazie al quale l’uomo non diventa soltanto essere vivente, ma viene dotato di
anima e reso “a immagine e somiglianza”
del suo Creatore.
Scrive
Benedetto XVI (“In principio Dio creò il
cielo e la terra”, pag.15): “Queste
parole iniziali della Sacra Scrittura risuonano sempre al mio orecchio come il
rintocco festoso di una vecchia grande campana che, stupendo e solenne, tocca
il cuore e fa presagire qualcosa del mistero dell’eterno”.
Furono
i profeti a riprendere quel “qualcosa”,
quella parola, “spirito”. Isaia
(capito 11) profetizza: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse e
un virgulto spunterà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del
Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di
fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”.
Notare
che spirito è fin qui scritto in minuscolo. Quello spirito che aleggiava sulle
acque non era ancor conosciuto come Spirito, per di più Santo, come sarà
rivelato dal Cristo Gesù. Ci si poteva interrogare sul “che cosa” fosse quello spirito, non “chi” fosse.
Neppure
Ezechiele sapeva trattarsi dello Spirito Santo quando (capitolo 37, 5-6) vede
un campo pieno di morte (metafora dell’uomo morto in quanto peccatore) e “vede” Dio che proclama, oracolo del
Signore: “Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete” … “metterò su di
voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e
infonderò in voi lo spirito e rivivrete” e ai successivi versetti
12-14: “apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo
mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il
Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o
popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare
nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”.
Salvatore
0 commenti:
Posta un commento