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mercoledì 25 dicembre 2019

Storie di Natale - Il flauto celeste


Nel meraviglioso giardino del Paradiso, lungo la riva di un fiume dalle acque fresche e cristalline, prosperava un canneto bellissimo. In questo canneto c’era una piccolissima canna inondata di luce. Dio la prediligeva perché apparteneva ad un suo progetto d’amore. 

Volle farne di essa uno strumento musicale: un flauto di canna, per redimere gli uomini dal peccato di origine. E pensò di inviare sulla terra il suo Figlio amato, al quale consegnò il suo prezioso strumento di Paradiso.
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Cosi’, quando giunsero i tempi, in una povera capanna, una Vergine diede alla luce il Figlio di Dio e lo depose in una greppia, sulla paglia che, in quel momento, diventò immagine dell’umanità sofferente.
<<E il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi>> (Giovanni 1,14).
Maria e Giuseppe accolsero di Gesù i suoi primi vagiti. Poi il Bimbo crebbe e, con il suo piccolo flauto, si mise a raccogliere tutti i suoni delle creature della terra, che il vento gli portava.


Quanti gemiti e lamenti; dolori e sofferenze; smarrimenti, buio. Ansie e paure; momenti tristi ma anche attimi di gioia serena; di preghiera semplice, di sospiri e aneliti di bene; di speranza, di infinito, di pace e di luce; d’amore, di Cielo, di Dio!
E il flauto suonava tante melodie, una diversa dall’altra. Portava nel mondo la melodia del Cielo.
Gesù era venuto per salvare gli uomini dal loro male, ma gli uomini non l’hanno accolto. Uccisero il Figlio di Dio.
Quale grande mistero! Gesù era Dio.
Da allora, il vento continua a soffiare nel nostro cuore parole di speranza, parole di un Uomo venuto dall’alto, crocifisso, morto e risorto. E sono quelle di un Dio vicino che ci ama:
<<Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!>> (Matteo 28,20)


UN AUGURIO
AFFETTUOSO A TE!

                  Incoronata


 


martedì 24 dicembre 2019

Storie di Natale - Respirare Dio





Laggiù, su una collina, stavano nascendo dei pini che indicavano il loro anelito di cielo. Erano come dita puntate verso l’alto e richiamavano il Paradiso come meta della nostra vita. In questo richiamo  profondo, si sentiva riecheggiare una voce persistente.
<<Vieni Signore Gesù!>> (Apocalisse 22,20)

In questa valle dove aneliamo la tua venuta e gemiamo ogni giorno il tuo cantico d’amore, siamo in attesa del tuo ritorno in mezzo a noi, con il profondo desiderio di incontrarti come Re del nostro essere.


E’ un gemito che nasce dalla nostra intensa voglia di Te, Dio di tutte le nostre speranze, che chiede di venire tra noi e restarci per sempre, come principio e termine di tutte le nostre aspirazioni.

Siamo tuoi, Signore Gesù e vogliamo esserlo per l’eternità, quando respireremo tutti con il tuo Spirito di sapienza infinita.

Ecco il mio augurio per tutti coloro che amano l’eternità.
  
  BUON NATALE A TE!
                                                     Lorenzo

 



lunedì 2 dicembre 2019

Una preghiera di Lorenzo ...



mercoledì 27 novembre 2019

Un segno d'amore


Il vento, nel suo impeto, ha strappato ad un albero della foresta una storia, poi, l’ha trasportata nell’aria e soffiata al mondo.
Eccola!
C’era, un tempo, un pino gigantesco, di età secolare, molto vec-chio, che viveva in una foresta, Era il più alto, il più bello: una magnifica pianta. Gli uccellini, nella nuova stagione, costruivano tra i suoi  rami dei nidi per i loro piccoli e gli regalavano canti melodiosi e lui ne faceva preziosa memoria nel suo vissuto. Offriva la sua ombra ai viandanti che transitavano in quel luogo, i quali gli affidavano brani della loro vita. L’albero ne serbava i segreti nel suo intimo e partecipava al loro dolore o alla loro gioia con riservatezza. Quanti poveri passavano anche di là, in cerca di qualche ramo da utilizzare per scaldarsi. La stagione invernale si faceva sentire con il suo gelo.
Un giorno un ramo del pino si spezzò e un povero si affrettò a  raccoglierlo. Dopo pochi giorni si spezzò un altro ramo e fu raccolto da un altro povero, E così via, finché restò solo il tronco. La pianta perse così tutti i suoi rami e le sue pigne.
Il boscaiolo decise allora di tagliarlo. L’albero lo supplicò:
« Ti prego, lasciami morire qui, non voglio abbandonare la mia foresta! ».
L’uomo gli confidò il suo problema: aveva bisogno del fuoco per scaldare i suoi piccoli.
Allora il pino si fece tagliare in tanti tronchetti. Soffriva tanto, ma era felice di donare tutta la sua vita. Restò uno spazio vuoto nella foresta ma anche un ricordo: il segno di una presenza d’amore che continuava a vivere così, profumando l’aria.













Ti prego …


Cosa resterà di me, Signore,
quando me ne andrò?
Lascerò uno spazio
ricolmo d’amore,
dove ho speso la mia vita.
Mi affido a te,
misericordioso Dio,
che mi hai plasmato
con il dolore degli altri
e reso felice con la loro gioia.
Nella mia memoria
restano frammenti di storia
vissuti con Te,
fusi con il tuo amore infinito,
avvolti dal tuo silenzio,
in quella solitudine abissale
dove io t’ incontro
e respiro la tua essenza.
Quando mi chiamerai,
nel giorno che non so,
aprimi il tuo Cielo.
Raccoglimi, Padre e dimmi:
« Vieni! Ora resta con me,
il tuo posto è quassù,
nella mia eternità gloriosa ».

mercoledì 16 ottobre 2019

La pioggia


Dio parla con parole sublimi
che escono dalla profondità del Cielo
e diventano pioggia celestiale,
che disseta ogni arsura dell’uomo.



Ho visto, varie volte, cadere la pioggia, spesso con piccole goc-ce o a dirotto. E tutto mi è sempre parso come un dono del Cielo.

Da piccolo, mi chiedevo da dove venisse tanta acqua e perché il cielo spruzzava infinite goccioline. Io vivevo la beatitudine di quel-l’acqua e la gioia di sentirmi avvolto da quel manto di luce. Essa por-tava in terra pezzi di cielo e fu allora che incominciai a sentire la no-stalgia delle altezze, in cui una misteriosa mano scriveva, in ogni perla d’acqua, parole d’amore che io ripetevo dentro di me, come una fresca preghiera venuta dall’alto.

Ero inebriato da tanta bellezza che bagnava, con gioia, tutte le cose di questa terra.

Era una preghiera che essa beveva e che il mio cuore ripeteva come un inno composto da perle divine. Bagliori di cielo guizzavano intorno a me, portando il linguaggio nuovo dell’intimità di Dio. Sentivo lembi di Paradiso che portavano, quaggiù, la sua freschezza divina.

Ad un certo momento, smisi di interrogarmi su quell’acqua ce-lestiale e percepii l’ebbrezza delle altezze, trasformata in quelle tante piccole gocce venute da lassù e sognavo di essere io l’artefice di tanta leggiadria.

La pioggia mi ricordava il linguaggio minuto e fresco del Creatore. Sentivo che la Parola di Dio diventava acqua che disseta la terra di meraviglia nuova. E il rumore della precipitazione d’acqua piovana, mi appariva come l’espressione viva della Parola che Dio usava nel silenzio del meriggio.

E ne gustavo tutto l’incanto e l’armonia delle note.


Domanda:

  
Senti, anche tu,
la sete che nasce
dalle sorgenti del Cielo
che è la Parola di Dio?



                                                               Lorenzo